Cronaca

Addio a Giuseppe Galasso il padre del “Paesaggio come bene culturale”

NAPOLI.Il rilievo scientifico di quasi settant’anni di studi e di ricerche che lo ha reso uno degli storici più importanti degli ultimi 50 anni è sotto gli occhi di tutti. Ma oggi mi piace ricordare soprattutto un altro grande lascito di Giuseppe Galasso al nostro paese: il concetto di tutela del paesaggio come bene culturale, un concetto prima culturale e poi normativo a cui si è dedicato per lunghi anni ed in particolare durante i quattro anni da sottosegretario di Stato al Ministero per i Beni e le attività Culturali (1983-1987) fino alla stesura della legge ‘pilastro’ del settore della tutela paesaggistica in Italia che giustamente porta il suo nome: la legge 431 del 1985 “Disposizioni per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale”, da tutti conosciuta come “Legge Galasso”. Così Lucio d’Alessandro, rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, senza nascondere una profonda commozione, ricorda lo storico Giuseppe Galasso, scomparso oggi all’età di 88 anni, dopo aver insegnato in alcune delle più importanti università italiane, da Napoli a Cagliari, e da ultimo proprio al Suor Orsola, dove ha insegnato, con la sua visione storica sempre votata all’analisi del passato per la costruzione futuro, “Storia dell’Europa” nella Facoltà di Lettere, la “Casa” della formazione accademica nel settore dei beni culturali che in Italia è partita proprio a Napoli, all’Università Suor Orsola Benincasa nel 1992.

Giuseppe Galasso, una vita dedicata alla ricerca

E per ricordare al meglio questo concetto cardine dei “beni ambientali come beni culturali” il rettore d’Alessandro, che nel 2012 al Suor Orsola aveva consegnato a Giuseppe Galasso, alla presenza dell’allora Ministro del MIBACT, Lorenzo Ornaghi, la laurea magistrale honoris causa in “Conservazione e Restauro dei beni culturali”, si affida proprio alle parole dello stesso Galasso contenute nel volume “La tutela del paesaggio in Italia” (Editoriale Scientifica, 2007): “La divisione tra l’ambito dei beni culturali e quello di beni ambientali è, indubbiamente, artificiosa come e più  di quella tra paesaggio e urbanistica. Mi sono sempre chiesto, di fronte a quel “miracolo” (come lo definiva D‘Annunzio) del Duomo di Orvieto, assiso come si sa su una rupe di più che dubbia stabilità, che ha destato e deve sempre destare grandi preoccupazioni, come si faccia a distinguere l’ambientale dal culturale, il monumento dal paesaggio, il paesaggio dal terreno. E questo non è affatto da ritenere un caso-limite. Nella famosa, anzi famigerata Valle agrigentina dei Templi la situazione è almeno per alcuni versi la stessa”.

 

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