Cronaca

Arrestato l’imprenditore Adolfo Greco a Castellammare: una montagna di soldi in un muro

CASTELLAMMARE DI STABIA. Arrestato Adolfo Greco, imprenditore di Castellammare di Stabia. L’operazione è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Che ha fatto emergere una curiosità.

L’imprenditore aveva una “montagna di denaro in contanti” nascosta in un muro, all’interno della propria abitazione.

L’operazione della Dda di Napoli

L’operazione della Dda, partita all’alba di oggi, conta complessivamente 14 arresti e 21 indagati.

Adolfo Greco, imprenditore di Castellammare di Stabia, fu condannato negli anni’80 per favoreggiamento per l’intestazione fittizia del famoso castello mediceo di Ottaviano, rimasto per anni nel patrimonio dell’impero criminale del padrino oggi ergastolano Raffaele Cutolo. Stando a indiscrezioni, Greco aveva nascosto in casa quasi due milioni di euro.

Soldi nascosti nel muro

Come riporta La Repubblica, l’intercapedine è stata scoperta dai poliziotti della squadra Mobile, guidata dal primo dirigente, Luigi Rinella, grazie alla “termocamera”, fornita dal Gabinetto scientifico di Roma, che ha rilevato il vuoto all’interno di una parete.

A quel punto, l’indagato ha azionato, attraverso una scarpiera, il meccanismo con cui si apriva il nascondiglio, per evitare che gli demolissero la stanza.

Chi era Adolfo Greco

L’uomo, che ormai gestiva affari in vari settori, dal turismo alla commercializzazione del latte, è stato arrestato con l’accusa di estorsione, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa: per l’accusa aveva infatti favorito gli interessi di varie famiglie criminali dell’area stabiese, tra l’altro avrebbe imposto l’assunzione di un nipote del presunto capo clan di camorra Paolo Carolei.

Ad eseguire la misura cautelare, la Squadra Mobile di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sui clan di camorra stabiesi guidata dal pm Giuseppe Cimmarotta e coordinata dal procuratore antimafia, il vicario Giuseppe Borrelli.

Le indagini

Le indagini, coordinate dalla Dda, riguardano una serie di delitti contro il patrimonio (estorsioni), la persona (violenza privata) e l’ordine pubblico (violazioni in materia di armi ed esplosivi), aggravati dal metodo e/o dalla finalità mafiosa, negli anni 2013-2016 ai danni di imprenditori, esercenti commerciali e professionisti a Castellamare di Stabia, Pompei, Gragnano, Pimonte ed Agerola.

Storiche organizzazioni camorristiche ancora all’opera

Dalle investigazioni è emersa la perdurante operatività, nei suddetti territori, di diverse storiche organizzazioni camorristiche ( i clan “D’Alessandro” e “Cesarano” operanti, rispettivamente, nella zona collinare ed in quella “dabbasso” di Castellamare di Stabia, con ramificazioni a Pompei; il clan “Di Martino” egemone a Gragnano; il clan “Afeltra” operativo a Pimonte ed Agerola), tra loro sostanzialmente alleate, ciascuna delle quali ha continuato ad imporre costantemente “il pizzo” nei territori di rispettiva competenza, avvalendosi della propria forza d’intimidazione, esternata alla vittima di turno dai propri affiliati ovvero da soggetti “contigui” ai suindicati sodalizi criminosi.

Gli accertamenti hanno fatto emergere innanzitutto la figura di Greco Adolfo, noto ed influente imprenditore stabiese nei settori della commercializzazione e distribuzione del latte, immobiliare, ricreativo-turistico, da anni “contiguo” e al contempo vittima delle principali organizzazioni camorristiche operanti nel territorio di Castellamare di Stabia e zone limitrofe: già raggiunto negli anni ‘80 da un provvedimento di cattura in quanto affiliato alla N.C.O. di Raffaele Cutolo, poi condannato per favoreggiamento reale per l’intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano, infine riabilitato.

Lo scenario investigativo ha disvelato con assoluta chiarezza le vessazioni subite nel corso degli anni dal predetto imprenditore, ma anche (e soprattutto) il rapporto amicale e di collaborazione criminale con gli esponenti apicali di diversi sodalizi camorristici locali (quali ad es., Martone Teresa, D’Alessandro Pasquale e Vincenzo, rispettivamente moglie e figli del defunto D’Alessandro Michele, fondatore dell’omonimo clan; Carolei Paolo, “luogotenente” di Pasquale, per conto dei quali il Greco ha costretto il titolare di una catena di supermercati ad assumere un nipote dei Carolei; Cesarano Ferdinando, storico fondatore dell’omonimo clan; i vertici del clan Afeltra, per conto dei quali ha indotto un altro noto imprenditore del settore lattiero-caseario a corrispondere ingenti somme di danaro) i quali, consapevoli dell’enorme influenza sul territorio del predetto indagato, si sono avvalsi sovente della sua preziosa opera di mediazione per concludere delle estorsioni nei confronti di imprenditori della zona (particolarmente recalcitranti) nel modo meno cruento possibile, onde scongiurare il pericolo di denunce e di conseguenti pressioni investigative, senz’altro nocive per i loro affari; in altre parole il Greco (autodefinitosi “amico degli amici”) si relaziona da anni con la criminalità organizzata locale in modo funzionale ai propri interessi, elargendole periodicamente somme di denaro onde esercitare in assoluta tranquillità la propria attività imprenditoriale ed, avvalersi, al contempo di un prezioso referente (al quale garantisce tra l’altro il viatico per radicarsi nella società civile) per risolvere eventuali problematiche legate alla “strada”.

Il “rispetto” e la “stima” di cui il Greco gode in seno ai predetti consessi camorristici rivelano che il suddetto imprenditore ha rapporti solo ed esclusivamente con i vertici delle suddette consorterie (ovvero con i loro familiari o fiduciari) i quali, peraltro, lungi dal “convocarlo” (come solitamente accade alle vittime di estorsione), gli prestano il dovuto “riguardo” recandosi personalmente presso la sua azienda, la “C.I.L. S.r.l.” di Castellammare di Stabia, previo appuntamento telefonico.

Le indagini hanno altresì cristallizzato i legami del Greco con l’organizzazione di stampo mafioso dei Cesarano. In particolare, Greco Adolfo è riuscito a contrattare l’entità della somma da elargire facendo ricorso a espliciti riferimenti sulla sua vicinanza al clan e ad “accordi” con i precedenti vertici dello stesso, in particolare interagendo prima con Esposito Nicola, detto “o’ mostro”, e poi con Di Martino Luigi, detto “o profeta” e i loro affiliati, quali Cesarano Giovanni, Falanga Aniello e Di Somma Attilio. Inoltre sono state accertate numerose e diverse attività estorsive poste in essere dai vertici della suindicata consorteria criminosa in danno di imprenditori e commercianti, vessati anche con l’esplosione di ordigni come accaduto in danno di un supermercato, appartenente ad una nota catena commerciale, al fine di piegare la resistenza del titolare.

Le investigazioni hanno inoltre evidenziato una serie di attività estorsive poste in essere dal clan Di Martino di Gragnano, in particolare da Paturzo Liberato e Di Vuolo Vincenzo in danno di diversi imprenditori e di amministratori condominiali costretti a scegliere sotto minaccia le imprese contigue al clan per l’esecuzione di alcuni lavori edili. Minacce gravi estese anche a direttori di banca, come, ad esempio, nel caso di Paturzo Liberato, imprenditore edile, peraltro già condannato per il reato di cui all’art. 416bis c.p., indicato quale volto imprenditoriale del clan D’Alessandro, ma contiguo pure ad altre realtà criminali come quella operante a Gragnano. In relazione all’estorsione commessa in danno dell’imprenditore lattiero-caserario Imperati Giuseppe, la misura cautelare ha raggiunto i vertici del clan Afeltra e Greco Adolfo.

In particolare, nell’aprile 2015, l’Imperati, dopo aver subito in Agerola il furto di due camion carichi di prodotti alimentari si rivolgeva al potente ed influente Greco che lo convinceva a recarsi da figure apicali degli Afeltra per informarli di quanto accaduto nel “suo” territorio, omaggiarli di un “pensiero” di 5.000,00 euro e chiedere loro nel contempo “protezione futura” per la propria azienda. Il clan, approfittando della sua venuta, avanzava immediatamente una richiesta di 50.000,00 euro, ma il Greco rimproverava gli Afeltra di non avere adottato un metodo corretto, in quanto la vittima andava vessata “piano piano”, cosa che puntualmente avveniva costringendolo a soddisfare le pretese dell’organizzazione camorristica degli Afeltra.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio