Inchiesta

Camorra a Napoli: ecco le famiglie più potenti in Campania – la relazione della Dia

NAPOLI. Ecco la mappa della camorra in Campania. Quali sono i clan attivi? Quali sono i clan più potenti in Campania? Quali sono le famiglie camorristiche?

Pubblicata la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) relativa al secondo semestre del 2017.

Camorra in Campania

In Campania, la criminalità organizzata di tipo mafioso si conferma come fenomeno caratterizzato da equilibri
mutevoli e in continua trasformazione, in ragione di un tessuto delinquenziale più che mai complesso.

Rimane, come dato costante, la poliedricità del “sistema camorra”, capace di esprimere dei veri e propri cartelli, come riscontrato per i clan napoletani LICCIARDI, CONTINI e MALLARDO, che negli anni ‘90 diedero vita all’Alleanza di Secondigliano, ma che da sempre agiscono d’intesa. Lo stesso pluriennale accordo si riscontra per il gruppo dei CASALESI, che fa capo alle famiglie SCHIAVONE, IOVINE, ZAGARIA e BIDOGNETTI, al quale sono funzionalmente collegati la maggior parte dei clan che operano nella provincia di Caserta.

Il sodalizio dei CASALESI, descritto in atti giudiziari come associazione che ha mutuato le caratteristiche delle organizzazioni mafiose di origine siciliana, è tutt’ora vitale, nonostante gli arresti e la collaborazione con la giustizia di elementi di vertice.

Al pari dei descritti cartelli, risultano fortemente strutturati altri sodalizi che, nel tempo, hanno creato dei veri e propri apparati imprenditoriali, in grado di influenzare ampi settori dell’economia, locale e nazionale (giochi,
ristorazione, comparto turistico-alberghiero, edilizia, rifiuti), mostrando una resilienza tale da riuscire ad assorbire
i continui colpi dello Stato, rimanendo comunque operativi.

Pertanto, la rilevanza mediatica che producono i numerosi e gravi episodi criminosi (agguati, sparatorie, intimidazioni), verificatisi soprattutto nella città di Napoli e nell’area a Nord, non deve indurre ad un’analisi della camorra che limiti la lettura del fenomeno alla matrice delinquenziale di “basso cabotaggio”, caratterizzata dallo scontro tra bande rivali, costituite da nuove, giovani leve, prive di caratura criminale.

Al contrario, non devono essere ignorate dinamiche di sodalizi che appaiono assenti e che, al contrario, operando lontano dai riflettori, godono di tutti i benefici tattico-strategici che ne conseguono, specie per quanto attiene l’infiltrazione nell’economia. Nello stesso capoluogo si rileva la perdurante convergenza tra nuove aggregazioni e storiche organizzazioni della criminalità napoletana.

Queste ultime, in particolare, nonostante la detenzione degli elementi di vertice, risultano operative sul territorio di influenza con nuovi asset gestionali, la cui mimetizzazione è frutto di una studiata strategia che, alle dinamiche di violenta contrapposizione, preferisce la gestione di grandi traffici internazionali e la proiezione extraregionale.

Quanto descritto vale anche per altri gruppi che operano in provincia (a titolo esemplificativo si citano le famiglie
MALLARDO, MOCCIA, POLVERINO, FABBROCINO, GIONTA), tutti dotati di una capacità economica consolidatasi prima nelle zone d’origine, grazie all’indiscusso dominio criminale e successivamente oltre regione, a seguito di una espansione sempre più ramificata.

Per questi ed analoghi sodalizi, la straordinaria ricchezza, accumulata in decenni di gestione di attività illecite,
rappresenta uno dei maggiori punti di forza, spesso più della capacità di intimidazione, sia per la possibilità che
ne consegue di mantenere le famiglie degli affiliati in difficoltà economiche sia per operare investimenti, insinuandosi in aree all’apparenza scevre da presenze criminali.

In queste zone, gli affiliati ai clan hanno stretto, nel corso del tempo, alleanze mirate a far convergere le migliori
esperienze maturate dai singoli gruppi nelle diverse attività illecite, quali traffici di stupefacenti e di merce contraffatta, smaltimento di rifiuti tossici e riciclaggio. Permane il forte interesse per la gestione economica e politico-amministrativa del territorio, attraverso il controllo dei flussi di spesa pubblica, il condizionamento degli
appalti e la corruzione degli amministratori.

La penetrazione nelle Istituzioni ed il condizionamento di interi settori dell’economia – spesso legata a forniture, prestazioni di servizi ed appalti pubblici – sono tra i fattori che maggiormente hanno contribuito a saldarne la presenza sul territorio ed a rafforzarne il potere. L’inserimento nel settore degli appalti si accompagna, secondo precise sinergie di sistema, al condizionamento degli Enti locali, di cui rappresenta un dato inconfutabile lo scioglimento dei Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, provvedimento che per alcuni Enti territoriali è intervenuto più volte negli anni.

Gli accertamenti svolti dalle Commissioni insediatesi nei comuni per verificare eventuali condizionamenti mafiosi, confermano che le maggiori criticità si rilevano nell’affidamento a consorterie criminali di lavori e servizi pubblici, favorito da un diffuso disordine organizzativo e dalla mancanza di qualunque forma di controllo del territorio e di tutela della legalità, tutti aspetti che agevolano gestioni poco trasparenti e rendono le realtà amministrative locali maggiormente “permeabili” all’azione della criminalità organizzata.

Quella appena descritta è una delle espressioni più sofisticate del “sistema camorra”, cui concorrono, oltre ai menzionati cartelli napoletani (LICCIARDI, CONTINI e MALLARDO) e casertani (SCHIAVONE, IOVINE, ZAGARIA
e BIDOGNETTI), anche sodalizi (come ad esempio i SARNO, i GIULIANO e i MARIANO) che negli anni hanno
subito profonde trasformazioni per effetto dell’attività repressiva condotta da Magistratura e Forze di Polizia.

Lo scompaginamento di quest’ultimi sodalizi è spesso degenerato in scontri per la leadership, che in alcuni casi hanno condotto ad una vera e propria implosione delle associazioni criminali. Nei vuoti di potere che si sono
determinati si sono inseriti gruppi emergenti, non storicamente radicati sul territorio e privi di una forza economica
consolidata.

Sono questi i sodalizi protagonisti, a Napoli, delle cd. “stese”, ritenute indispensabili per affermare
la presenza sul territorio, accettando il rischio di colpire ignari passanti e le conseguenze che ne
deriverebbero in termini di azioni repressive. Più complessa è la realtà criminale che interessa giovanissimi e
che si manifesta con diverse sfaccettature, tutte sintomatiche di una violenza metropolitana diffusa.

In alcuni casi si assiste a scontri tra bande di minori, che si consumano nel cuore del capoluogo, durante la cd. movida notturna. Di queste bande, a volte fanno parte rampolli di famiglie criminali che hanno mutuato gli atteggiamenti violenti dai loro genitori, come testimonia un episodio di cui sono stati protagonisti i MASIELLO dei Quartieri Spagnoli ed i FORMICOLA di San Giovanni a Teduccio.

Ad agosto, di fronte ad una discoteca di Ischia, un gruppo di giovani di cui faceva parte un esponente della famiglia
MASIELLO avrebbe dato vita ad una rissa con un altro gruppo di ragazzi, tra i quali vi era un giovane
appartenete ai FORMICOLA. Poche ore dopo, a Napoli, si è consumata la vendetta, con l’esplosione di diversi
colpi di arma da fuoco nei vicoli dove abitano i MASIELLO, da parte di una ventina di giovani a bordo di moto,
provenienti dal quartiere dei FORMICOLA.

In altri casi, i giovani coinvolti non hanno alcun legame con le organizzazioni criminali, ma la violenza messa in
campo è altrettanto esasperata: si richiama, al riguardo, il ferimento con colpi di arma da fuoco di cinque ragazzi,
tra cui due minori, il 19 novembre 2017, nel quartiere Chiaia, a seguito di una lite originata da un diverbio scoppiato
su un social network tra due gruppi di giovani, uno proveniente dai Quartieri Spagnoli, l’altro da San Giovanni
a Teduccio.

Oltre agli scontri tra bande, altro fenomeno caratterizzante sono i gravi episodi di bullismo e rapine, che hanno visto come protagonisti minori, anche questi degenerati in accoltellamenti: nel mese di dicembre, un diciassettenne è stato colpito alla gola ed al torace con un coltello, da un gruppo di giovani, nel tentativo di sottrargli il cellulare: le indagini hanno consentito di individuare alcuni degli aggressori, tra cui figurano dei minorenni. I fenomeni descritti sono espressione di un disagio generazionale che interessa giovani, per i quali i modelli criminali proposti dai clan continuano ad esercitare una forte attrattiva, rappresentando un facile strumento per la conquista di potere e ricchezza.

Proprio questi giovani rappresentano un bacino inesauribile per le organizzazioni criminali, ove reclutare manovalanza da impiegare per lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni e, in alcuni casi, anche per la consumazione di omicidi. A questa pletora di “aspiranti camorristi”, si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengono a famiglie mafiose e vengono “iniziati”, dagli stessi genitori, ad attività criminali, ancora bambini. Per queste ragioni si è affermata nei Tribunali la tendenza ad adottare provvedimenti di decadenza o limitazione della potestà genitoriale e di collocamento dei minori in strutture esterne al territorio di provenienza, per recidere il legame con i condizionamenti socio-ambientali.

Si tratta di decisioni “forti” che incidono sulla continuità della cultura criminale del clan all’interno del nucleo familiare, tanto da dare vita, in alcuni casi, a reazioni violente, come accaduto nell’aprile del 2016, quando sono stati
esplosi colpi di kalashnikov contro una caserma dei Carabinieri di Secondigliano, da parte del reggente del clan
VANELLA-GRASSI in risposta all’esecuzione di un decreto di allontanamento temporaneo dei due figli minori
dalla casa del boss, considerato negli ambienti camorristici un’offesa senza precedenti. Per dare maggiore forza
alla prassi seguita dai Tribunali, nel mese di ottobre 2017 il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato
una risoluzione per sollecitare il legislatore ad adottare norme di tutela per i minori inseriti in contesti di criminalità
organizzata, con interventi proprio su quel tessuto familiare che condiziona, in senso criminale, il percorso
di crescita.

Le aree a densità mafiosa più alta e qualificata continuano ad essere le province di Napoli e Caserta. Nel capoluogo,
dove, come accennato, persiste uno stato di fibrillazione tra gruppi, un ulteriore elemento di destabilizzazione
potrebbe derivare da scarcerazioni di elementi di spicco, il cui riproporsi sulla scena criminale ha
riacceso vecchi conflitti. Al riguardo, si cita quanto accaduto nel mese di settembre nel Borgo Sant’Antonio,
dove è stato ucciso, dopo pochi mesi dall’uscita dal carcere, un pregiudicato, collegato sia ai GIULIANO sia ai
MAZZARELLA, un tempo alleati.

L’omicidio è avvenuto in un’area dove opera un gruppo che fa capo ad un altro pregiudicato legato all’ALLEANZA DI SECONDIGLIANO, anche lui scarcerato pochi mesi prima e subito datosi alla latitanza. Una latitanza durata solo alcuni mesi, grazie alla cattura, il 25 ottobre 2017, nel territorio del comune di Itri (LT), eseguita da militari dell’Arma dei carabinieri, mentre era in compagnia di un uomo di sua fiducia e di un nipote.

Analogamente a quanto accaduto nel napoletano, le operazioni di Polizia e le collaborazioni con la giustizia di
affiliati di spicco hanno inciso anche sulle strutture apicali dei clan casertani, rimasti comunque coesi. Per quanto riguarda le attività delittuose, i principali “settori” da cui, a fattor comune, le organizzazioni camorristiche
traggono costanti e cospicui profitti continuano ad essere il traffico di sostanze stupefacenti, il contrabbando
di tabacchi lavorati esteri, l’estorsione, l’usura, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, lo smaltimento e la gestione dei rifiuti, la contraffazione nonché l’infiltrazione nel settore degli appalti
pubblici.

La contraffazione, in particolare, distingue l’operatività dei clan camorristici rispetto a quella delle altre associazioni
mafiose, sia per il know how acquisito nel creare prodotti falsi, sia per la capacità di commercializzare, attraverso una fitta rete di referenti, la grande quantità di beni che giungono in Campania dai Paesi Asiatici, attraverso il porto di Napoli.

L’area napoletana è anche un importante centro per la falsificazione di banconote e documenti. Riguardo a questi
ultimi, un collaboratore di giustizia, già elemento di spicco del clan MALLARDO, ha dichiarato, nel recente passato,
che attraverso la contraffazione di atti e provvedimenti amministrativi, il clan di riferimento era riuscito a
far ottenere in favore di soggetti contigui al gruppo, per circa un decennio, false pensioni di invalidità ed indennità
di accompagnamento, con la complicità di dipendenti pubblici infedeli, che si ponevano spontaneamente a disposizione del sodalizio nella prospettiva di essere adeguatamente ricompensati. Il core business delle organizzazioni camorristiche resta comunque il traffico di sostanze stupefacenti, per la cui realizzazione i gruppi possono contare su solide ed avviate reti di collaborazione, anche all’estero.

Per quanto attiene all’attività di contrasto, il numero delle ordinanze cautelari emesse nel semestre di riferimento rivela una strategia degli apparati investigativi volta non solo a sottrarre ricchezze illecitamente accumulate, attraverso il sequestro di beni, ma anche ad incidere sulle collusioni con amministratori pubblici e sulle infiltrazioni nel mondo imprenditoriale, non solo campano.

Particolare rilievo, in tale contesto, assumono le attività di monitoraggio sulle imprese interessate all’assegnazione di appalti pubblici – svolte, tra gli altri, dalla DIA di Napoli nell’ambito dei Gruppi Interforze presso le Prefetture – che confermano il perdurante interesse della camorra per le forniture di calcestruzzo ed il nolo a caldo.

La camorra in provincia di Napoli

Per l’esame delle dinamiche criminali che caratterizzano la provincia di Napoli, un focus particolare merita l’area
cittadina, in ragione dell’alta concentrazione di clan che vi operano e dello stato di instabilità che sfocia, spesso,
in eclatanti azioni di violenza.

Al di fuori dell’area urbana si avverte l’ascesa di gruppi emergenti, con ambizioni di affermazione sul territorio, per
quanto gli storici clan, pur depotenziati, continuino a conservare autorità e prestigio ed un saldo potere economico.

La camorra a Napoli città

Qui di seguito la mappa relativa a Napoli città.

Area Centrale – quartieri Avvocata, San Lorenzo/Vicaria, Vasto Arenaccia, San Carlo Arena/Stella, Mercato/Pendino, Poggioreale, Montecalvario, Chiaia/San Ferdinando/ Posillipo

Nel centro storico di Napoli il reiterarsi degli episodi violenti – agguati, ripetute esplosioni di colpi di pistola –
ed il rinvenimento di armi, dimostrano una persistente condizione di conflittualità in cui sono coinvolti alcuni
storici gruppi della zona, quali i MAZZARELLA, i RINALDI e i CONTINI, se non direttamente, attraverso sodalizi
“satellite”.

L’elevata densità criminale dell’area si traduce, spesso, in una più frequente pressione camorristica nei confronti
dei commercianti di zona.

Emblematico, in proposito, un passaggio di un provvedimento cautelare emesso nel mese di novembre 2017,
dove viene dato atto “…delle pesanti vessazioni cui sono costretti commercianti ed imprenditori del centralissimo quartiere Vicaria…” ad opera dei clan MAZZARELLA e GIULIANO/AMIRANTE/BRUNETTI, per effetto dell’alternanza tra i due gruppi, legata agli arresti dei rispettivi affiliati.

Proseguendo nella descrizione, nell’area di Forcella-Maddalena-Duchesca – dove, storicamente, sono attivi fiorenti
mercati della droga e della contraffazione ed il racket delle estorsioni – avrebbero ripreso il controllo del territorio
esponenti del clan MAZZARELLA, i quali hanno soppiantato i SIBILLO-BRUNETTI nella zona dei Decumani, i GIULIANO a Forcella e gli AMIRANTE nell’area della Maddalena.

La complessità delle dinamiche e la precarietà degli equilibri continuamente destabilizzati da arresti e da scarcerazioni – che riportano di volta in volta in auge l’uno o l’altro gruppo – rendono arduo formulare ipotesi di futuri scenari, nella concreta possibilità dell’inasprirsi degli scontri per la gestione dello spaccio di stupefacenti e delle estorsioni.

Di fatto se da un lato, si assiste all’acuirsi delle ostilità tra i SIBILLO ed i GIULIANO, un tempo alleati, dall’altro si sarebbero create, all’interno del clan GIULIANO, delle fratture tra membri della stessa famiglia, alcuni dei quali avrebbero scelto di continuare ad appoggiare i SIBILLO, aprendo il fronte ad una guerra fratricida con sparatorie e frequenti atti di intimidazione.

La ricerca di alleanze e appoggi anche in altre aree cittadine rivela, ulteriormente, la necessità di creare intese e cercare protezioni per meglio fronteggiare rivalità nel proprio territorio, come avvenuto per i SIBILLO, che avrebbero stretto accordi con il clan CONTINI, e per i GIULIANO, che si avvarrebbero dell’appoggio del clan RINALDI.

Il dato che rimane costante è la persistenza di un clima di oggettiva tensione che si avverte tra i vicoli del centro storico, scosso da scorribande di scooter con a bordo ragazzi armati che non esitano a sparare, indifferenti alla presenza massiccia delle Forze di Polizia sul territorio. Stessa situazione di instabilità si registra nella zona Mercato/Case Nuove, da sempre contesa tra i gruppi MAZZARELLA e CONTINI.

Proprio due pregiudicati collegati ai CONTINI, nel mese di settembre, sono stati assassinati nella zona del Borgo Sant’Antonio Abate. Anche in quest’area, le scarcerazioni e gli arresti di personaggi di rilievo hanno contribuito ad alimentare le tensioni: nel mese di giugno era stato messo in libertà un esponente di spicco del gruppo CONTINI, immediatamente datosi alla latitanza, e nuovamente arrestato ad ottobre. Per quanto riguarda il gruppo MAZZARELLA, il ritorno, a dicembre 2016, nel suo quartiere d’origine (la zona Mercato) di un membro della famiglia, scarcerato e sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, avrebbe consentito al clan di riprendere il controllo del territorio. Contestualmente, gli arresti e la collaborazione con l’A.G. degli scissionisti del clan MAZZARELLA avrebbero creato un vuoto di potere nella zona delle cd. Case Nuove, una delle più fiorenti piazze di spaccio della città, lasciando spazi di azione per altri gruppi, tra cui il clan RINALDI (appoggiato dai FORMICOLA–REALE), rivale dei MAZZARELLA.

Nei quartieri Vasto, Arenaccia, Ferrovia, Rione Amicizia, Borgo Sant’Antonio Abate e zone limitrofe, il permanere della supremazia del sodalizio CONTINI (forte anche della decennale alleanza con le famiglie LICCIARDI e MALLARDO), nonostante la lunga detenzione del capo clan, è stato assicurato da diversi fattori concomitanti, quali l’avvicendarsi alla guida del gruppo di esponenti di rango405, il reprimere, con la forza e senza esitazioni, qualunque spinta di autonomia406, la potenza economico-finanziaria e la capacità di espansione oltre i confini regionali, riciclando il denaro proveniente da attività illegali, nella ristorazione, nelle stazioni di rifornimento di carburante e nei settori dell’abbigliamento e dell’oreficeria, attraverso fidati prestanome (famiglie RIGHI e DI CARLUCCIO).

Nei Quartieri Spagnoli, le dinamiche criminali hanno subito una profonda evoluzione a seguito della disgregazione delle storiche organizzazioni camorristiche, tra cui il clan MARIANO, per anni egemone nella gestione delle attività illecite nel suo territorio di influenza (estorsioni, spaccio di stupefacenti, rivendita di prodotti contraffatti, distribuzione e controllo delle macchinette per il gioco online, controllo della grande distribuzione nel settore ittico407). Dopo la decisione di collaborare con la Magistratura, presa nel 2016 dal capo del clan MARIANO, il suo braccio destro ha tentato di rinsaldare le fila del sodalizio.

Il ridimensionamento dei MARIANO sembra aver comunque aperto nuovi spazi d’azione ad altri gruppi, quali il cartello RICCI-SALTALAMACCHIA, che avrebbe arruolato tra le sue fila alcuni componenti dei CARDILLO, altra storica associazione criminale dei Quartieri Spagnoli. A partire dall’estate 2017, una serie di episodi delittuosi hanno reso evidente l’esistenza di uno stato di fibrillazione. In questo complesso contesto, si inserisce il ritorno in libertà, a settembre, del capo del gruppo TERRACCIANO, che ha tentato di imporre al titolare di una struttura ricettiva l’assunzione di suoi familiari, reato per il quale è stato nuovamente arrestato, nel mese di novembre, con l’accusa di estorsione aggravata.

Nell’attuale scenario, la gestione delle attività criminali è suddivisa tra le famiglie RICCI, SALTALAMACCHIA, ESPOSITO (talvolta alleate e talvolta in conflitto, che controllano la zona centrale dei Quartieri Spagnoli) ed i contrapposti MASIELLO-MAZZANTI, che gestiscono le attività illecite nella zona cd. delle “Chianche”. Il dinamismo con cui i gruppi danno vita a nuove alleanze ha indubbi riflessi sul piano dell’ordine pubblico, non ultima l’ipotesi di un avvicinamento tra i MASIELLO ed i MAZZARELLA, che potrebbe essere all’origine dei numerosi raid avvenuti nella zona dei Quartieri Spagnoli. Una modifica dei passati equilibri si è registrata nella zona cd. Porto dove, dopo la cattura di esponenti di spicco del gruppo TRONGONE ed il subentro del sodalizio PORCINO, si sarebbe imposto con la forza il clan SALTALAMACCHIA.

Le tensioni tra i gruppi dei Quartieri Spagnoli, Forcella e Decumani potrebbero essere alla base anche delle sparatorie registratesi nella zona del Cavone, in cui la scarcerazione, per fine pena, nel mese di settembre 2017, di un elemento di spicco del locale clan LEPRE non è bastata a frenare l’interesse dei gruppi criminali dei Quartieri Spagnoli e del centro storico nel controllare la zona, come attestano diversi atti intimidatori in danno di esercizi commerciali.

Nel Quartiere Sanità, si fronteggiano il clan VASTARELLA ed i sodalizi GENIDONI (legato ai MAZZARELLA), SPINA ed ESPOSITO. Anche in questa zona le relazioni tra clan sono soggette a rapida evoluzione, come attesta la rottura dell’alleanza tra i VASTARELLA ed i SEQUINO. In tale scenario, si registra l’operatività della famiglia SAVARESE, legata ai SEQUINO ed agli ESPOSITO-GENIDONI, storico gruppo locale, insediato nella zona dei Cristallini, che può contare sulla presenza sul territorio di elementi di spicco.

La “stesa” del 4 novembre 2017, con l’esplosione di colpi di pistola diretti contro due negozi della zona, di cui uno riferibile ad un membro dell’associazione locale antiracket, rappresenterebbe l’ennesima prova di forza tra i gruppi SEQUINO (stanziati in via Santa Maria Antesaecula) / SAVARESE da un lato, e VASTARELLA (ancora egemone nella zona delle Fontanelle) / MAURO (presente nella zona denominata cd. dei Miracoli) dall’altro. In tale scenario si inserisce la presenza, sul territorio, di un affiliato di spicco del gruppo MISSO, altro storico clan locale – già collaboratore di giustizia ma fuori dal piano di protezione – attualmente agli arresti domiciliari, perché fermato il 3 settembre 2017, da agenti della Polizia di Stato, in quanto trovato in possesso, nel corso di una perquisizione domiciliare, di 4 bombe molotov.

Nel quartiere San Ferdinando, zona di Torretta e Chiaia, i clan PICCIRILLO/FRIZZIERO e CIRELLA, per la Torretta, e STRAZZULLO, per Chiaia, continuano a finanziarsi grazie allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare “cocaina”, ed alle estorsioni in pregiudizio degli esercizi commerciali della zona e dei gestori degli ormeggi di Mergellina.

Nella stessa area è presente anche la famiglia INNOCENTI, che controlla la zona di Salita Vetriera. Si conferma l’operatività del clan ELIA, originario del Pallonetto a Santa Lucia, a cui si sono associate giovani leve. Il clan si è progressivamente “specializzato” nel business della droga, creando un vero e proprio “sistema di spaccio” in cui vengono impiegati minori, figli di affiliati, alcuni addetti alla consegna “a domicilio” dello stupefacente, altri, i più piccoli, utilizzati in casa per confezionare le dosi. Nel quartiere Posillipo, uno dei più ricchi della città, ove è presente il clan CALONE, si assiste ad un crescendo di reati predatori, anche a danno di minori, spesso aggrediti dagli stessi coetanei, e ad un aumento dello spaccio di stupefacenti.

Area Settentrionale – quartieri Vomero ed Arenella, Secondigliano, Scampia, San Pietro a Patierno, Miano, Piscinola, Chiaiano

Le dinamiche criminali nell’area nord della città di Napoli, al pari di quanto riscontrato per la zona del Centro, risentono dell’esecuzione di provvedimenti cautelari e delle collaborazioni degli affiliati (peraltro di rango sempre più elevato), che giocano un ruolo importante nella rimodulazione dei ruoli di vertice.

A Miano, ad esempio, per effetto della collaborazione dei suoi vertici, è stata quasi del tutto disarticolata la vecchia struttura del clan LO RUSSO-Capitoni, per anni egemone su un territorio che comprende anche le aree di Marianella, Chiaiano, Piscinola, Don Guanella, Colli Aminei. L’ennesimo provvedimento giudiziario, risalente al mese di novembre 2017, ha evidenziato l’elevato grado di pericolosità dei LO RUSSO, nella sua nuova articolazione, composta da giovanissimi, tra i quali i figli dei vecchi capi, che “…rappresentano il presente ed il futuro del clan, non hanno scrupoli e si sentono forti del “nome” dei Capitoni che spendono per imporre i ratei estorsivi ma, soprattutto, si occupano di droga e sono armati…”.

L’indebolimento dei LO RUSSO ha lasciato spazio a sodalizi di nuova costituzione o a costole del vecchio clan, protagonisti di scontri violenti, allo scopo di affermare la loro supremazia. Stesso processo di sostituzione ha interessato i NAPPELLO, ai quali, nel mese di novembre 2017417, è stato tratto in arresto l’ultimo capo, dopo che, a maggio, erano stati uccisi il precedente capo clan, già braccio destro dei LO RUSSO, ed il nipote. I NAPPELLO si erano imposti sul territorio, proiettandosi anche su Chiaiano e Marianella, scontrandosi con il sodalizio FERRARA-STABILE di Chiaiano. Anche quest’ultimo gruppo è stato destabilizzato da una serie di operazioni giudiziarie, lasciando spazio all’ascesa di esponenti della famiglia PERFETTO, retta dai familiari di uno storico elemento dei Capitoni.

Due di questi sono ritenuti responsabili dell’agguato, il 1° luglio 2017, nel quartiere di Piscinola, rivolto ad un affiliato del clan LO RUSSO, nel corso del quale è stato ferito un minore. Il movente del delitto sarebbe ascrivibile alla collaborazione con l’Autorità Giudiziaria della vittima designata che, con le sue dichiarazioni, aveva consentito di arrestare affiliati al gruppo PERFETTO.

Gli eventi descritti potrebbero aprire la strada alla gestione di alcune piazze di spaccio da parte dei LICCIARDI della Masseria Cardone, che con i LO RUSSO si erano divisi il controllo del Rione Don Guanella. I LICCIARDI si confermano, infatti, molto attivi nell’area ed in grado di affermarsi sui territori vicini, nonostante i vertici siano, allo stato, tutti detenuti, ad eccezione della sorella del defunto capo clan, che ha sempre avuto un ruolo di rilevo nel sodalizio.

Nei quartieri di Secondigliano, Scampia e nelle aree contigue si registrano significativi mutamenti degli assetti criminali, in conseguenza dei numerosi arresti e dell’assenza di elementi apicali di consolidato spessore. È quanto accaduto al clan della VANELLA GRASSI, attualmente privo della guida degli esponenti delle famiglie costitutive MAGNETTI-PETRICCIONE-ACCURSO. Ciò ha determinato la nascita di piccoli gruppi criminali, comunque non in grado di scalfire la leadership dei VANELLA GRASSI nella gestione dello spaccio di stupefacenti.

Nella zona si è radicata la famiglia GRIMALDI, originaria di San Pietro a Patierno ma con legami consolidati a Secondigliano, trattandosi di un’articolazione derivata dal clan LICCIARDI. Per quanto non particolarmente attivi, si registra sul territorio la presenza di altri gruppi criminali, espressione del quartiere di origine, quali la famiglia CESARANO, i cui vertici sono detenuti, che opera nel Rione Kennedy, ed il gruppo LEONARDI, scompaginato dalla scelta collaborativa del capo clan. Discorso diverso, invece, va fatto per il clan MARINO (già legato ai VANELLA GRASSI), che continua a gestire, in regime di monopolio, la vendita di droga nella sua storica roccaforte delle cd. Case Celesti, nonostante la detenzione in regime di 41 bis O.P. del capo clan.

Una tale situazione di incertezza sembra favorire il clan DI LAURO, anche in considerazione del fatto che quasi tutti i figli dello storico capo clan risultano liberi, mentre colui che è considerato l’attuale reggente è latitante dal 2012. Punti di forza dei DI LAURO sono la forte disponibilità economica ed un modus operandi che predilige l’agire sotto traccia, specie nella conduzione degli affari illeciti della famiglia.

Gli altri gruppi criminali della zona di Secondigliano-Scampia appaiono in difficoltà, anche a causa della collaborazione con la giustizia di elementi di vertice. Ci si riferisce, in particolare, al cartello ABETE, NOTTURNO, ABBINANTE, che gestisce alcune tra le piazze più redditizie dell’area, ricompresa tra Case dei Puffi, Sette Palazzi e Chalet Bakù. Se da un lato, due elementi di spicco degli ABBINANTE e dei NOTTURNO sono divenuti collaboratori di giustizia, dall’altro il giovane reggente della famiglia ABBINANTE è detenuto in regime di carcere duro ex art. 41 bis O.P.. A contribuire ad indebolire ulteriormente il sodalizio è intervenuto l’omicidio, il 18 settembre 2017, del figlio del capo del clan NOTTURNO, delitto verosimilmente non correlabile al pentimento del parente, ma alle dinamiche in atto per la spartizione delle piazze di spaccio.

L’area risulta, infatti, interessata da una serie episodi che fanno presagire alterazioni di precedenti equilibri criminali, strumentali ad un cambio dei vertici delle organizzazioni. Nella zona di San Pietro a Patierno è operativo il gruppo GRIMALDI che – come anticipato – ha esteso il controllo delle piazze di spaccio all’area di Secondigliano. In questo magmatico contesto è maturato il ferimento, il 22 ottobre 2017, di un pregiudicato legato da rapporti familiari con i BOCCHETTI, nonché parente di un affiliato ai LICCIARDI. I GRIMALDI avrebbero assunto, tramite un gruppo facente capo ad un pregiudicato a loro collegato, il controllo di un’altra area storicamente deputata ai traffici di droga, il Rione Berlingieri, regno incontrastato prima del clan LICCIARDI, poi della famiglia DE LUCIA.

In fase recessiva risulta, invece, il clan BOCCHETTI, scalzato dalla gestione criminale delle attività nel Rione Berlingieri e del Perrone. Nei quartieri Vomero e Arenella, l’indebolimento del gruppo CIMMINO ha lasciato spazio a sodalizi provenienti da Marano di Napoli e legati ai CIMMINO, quali il clan SIMEOLI, che gestisce le estorsioni ed il traffico di stupefacenti nella zona, con l’appoggio della famiglia ORLANDO, anche questa di Marano di Napoli.

Area Orientale – quartieri Ponticelli, S. Giovanni a Teduccio, Barra

Nell’area si rileva una persistente conflittualità tra i gruppi locali, con il reiterarsi di azioni violente ascrivibili a giovani emergenti, ma anche a contrasti mai sopiti tra storici clan locali, che possono contare sulla guida dei vecchi capi, tornati in libertà. Più nel dettaglio, nel quartiere Ponticelli sono presenti diversi clan (MAMMOLITI-BALDASSARRE, DE LUCA BOSSA e MINICHINI-SCHISA), che hanno scelto di coalizzarsi per tentare, con l’appoggio dei RINALDI di San Giovanni a Teduccio, di scalzare definitivamente dall’area il clan DE MICCO.

Quest’ultimo gruppo, in seguito al declino della famiglia SARNO, ha assunto il controllo delle attività illecite, uscendo vincente dallo scontro con il rivale clan D’AMICO, stroncando alla radice qualsiasi velleità autonomistica degli affiliati. Nel mese di novembre sono stati tratti in arresto diversi componenti del clan, tra i quali figure autorevoli del sodalizio.

Ciò ha comportato un intensificarsi di raid intimidatori contro soggetti legati ai DE MICCO. A Barra sono operativi affiliati del clan CUCCARO. Pregresse attività investigative hanno fortemente inciso sugli alleati gruppi APREA ed ALBERTO, sebbene si registri un tentativo di riorganizzazione del clan APREA. Proprio a Barra, nei primi giorni di dicembre, sono state controllate, all’interno di un’abitazione, cinque persone, tra le quali un esponente della famiglia APREA, due uomini del gruppo MINICHINI ed un appartenente al clan DE LUCA BOSSA, che potrebbero aver colto l’occasione offerta dai pregressi arresti di affiliati ai DE MICCO per pianificare strategie dirette ad estromettere quest’ultimi dal territorio.

Il clima non appare meno teso nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, ove si contendono il territorio le famiglie MAZZARELLA-D’AMICO e RINALDIREALE-FORMICOLA. Il ritorno, a dicembre 2017, nel suo quartiere d’origine – la zona Mercato – di un esponente di primo piano dei MAZZARELLA, potrebbe aver contribuito a far riemergere le ostilità, connesse al tentativo di controllare, in maniera esclusiva, non solo il quartiere San Giovanni, ma anche la zona delle cd. Case Nuove e la zona Mercato. Sintomatica, in proposito, l’alternanza di episodi di intimidazione contro affiliati ai MAZZARELLA ed ai RINALDI.

Area Occidentale – quartieri Fuorigrotta, Bagnoli, Pianura, Soccavo, Rione Traiano

Le dinamiche criminali del territorio, che comprende Bagnoli e l’area di Cavalleggeri d’Aosta, sono state influenzate dalla cattura, nel 2016, dei vertici dei contrapposti gruppi D’AUSILIO e GIANNELLI (il cui capo ha militato nelle fila dei D’AUSILIO). Inoltre, il 16 ottobre 2017 è stato arrestato, per estorsione, il figlio del capo di un altro sodalizio operante nella zona, gli ESPOSITO-NAPPI, che aveva preso le redini del gruppo. Ne è derivata una situazione particolarmente fluida che potrebbe ridare forza a vecchie figure criminali o a nuovi gruppi. Non mancano episodi di avvertimenti mafiosi diretti a clan rivali, come accaduto il 31 dicembre 2017, quando sono stati esplosi numerosi colpi di arma da fuoco contro l’auto sulla quale viaggiava la moglie di un pluripregiudicato, attinta da un proiettile: il coniuge, ritenuto un elemento di spicco della camorra Flegrea, è legato al clan SORPRENDENTE di Bagnoli. A Fuorigrotta, il gruppo VITALE-TRONCONE è rientrato nella sfera di influenza del clan ZAZO, attivo nel traffico internazionale di stupefacenti.

La parte antica del quartiere, il Rione Lauro, è appannaggio del sodalizio IADONISI, dedito alla gestione delle piazze di spaccio, mentre i BARATTO-BIANCO sono presenti nel circondario di via Giacomo Leopardi e via Cumana. A Pianura, dove risulta quasi del tutto disarticolato il clan LAGO, permane l’antagonismo tra il sodalizio PESCE-MARFELLA e la famiglia MELE. Fondamentali le rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, già al vertice dei gruppi PESCE e MELE, per ricostruire gli organigrammi delle rispettive organizzazioni di appartenenza, chiarire la genesi dello scontro e svelare moventi e dinamiche di omicidi. Altro gruppo operativo sul territorio, legato al clan GIANNELLI era la famiglia ROMANO, ora disarticolata da una serie di arresti.

A Soccavo, dove a seguito di numerosi arresti appare indebolito il clan GRIMALDI, continua a prevalere il sodalizio VIGILIA, con proiezioni nel rione Traiano, alleato con i PESCE-MARFELLA ed in perdurante conflittualità con la famiglia SORIANIELLO. Sempre nel rione Traiano è ancora operativo, per quanto ridimensionato, il gruppo PUCCINELLI-PETRONE; l’altro gruppo locale, il clan LEGNANTE, risulterebbe essersi spostato verso il quartiere di Pianura, dove agirebbe d’intesa con il gruppo ROMANO. Nell’area operano anche i clan CUTOLO e SORIANIELLO, recentemente alleatisi.

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