Politica

Acerra, polemiche sul non celebrato consiglio comunale

ACERRA. Qui di seguito una nota del presidente del consiglio comunale di Acerra Andrea Piatto relativamente alla mancata celebrazione del consiglio comunale per mancanza del numero legale.

Nota presidente consiglio comunale Acerra

“In riferimento alla mancata celebrazione, per mancanza del numero legale, della seduta del 29.06.2018 del Consiglio comunale e tenuto conto della nota congiunta delle opposizioni che ipotizza una mia conseguente delegittimazione, chiarisco quanto segue:

• sono impegnato ad assicurare il corretto funzionamento dell’organo consiliare, organizzandone il lavoro secondo il miglior livello di efficacia ed efficienza, garantendo il rispetto delle norme, comprese quelle statutarie e regolamentari;

• tali regole, correttamente applicate, garantiscono l’equilibrio del ruolo che esercitano in Consiglio sia la maggioranza che l’opposizione ma, soprattutto, consentono l’attività dell’organo consiliare nella sua unitaria funzione istituzionale, indipendentemente dalle decisioni che esso in concreto esprime. Regole, quindi, a carattere neutrale e dal contenuto essenzialmente procedurale, che, in quanto custode della funzione di garanzia, non posso eludere. Ciò a tutela del collegio e del corretto funzionamento dell’istituzione consiliare, sottolineando che il contenuto della funzione non muta per il fatto di essere eletto da una parte.

Ciò detto, tenuto conto dei poteri in capo al Presidente del Consiglio comunale di convocazione e direzione dei lavori e delle attività dell’assemblea, ricordo che:

• ricevuta la richiesta acquisita al prot. gen. le n. 37655 del 11.06.2018, con mia nota ho chiesto ai proponenti di chiarire se l’atto allegato alla richiesta fosse da riconoscersi nelle previsioni regolamentari di cui agli artt. 46-47 del vigente regolamento (proposta di deliberazione) o dell’art. 52 (ordine del giorno);

• il primo dei sottoscrittori, la collega Paola Montesarchio, ha riscontrato la mia richiesta con propria nota prot. gen. le n. 38376 del 13.06.2018, chiarendo che l’atto fosse da ritenersi quale “ordine del giorno” per come disciplinato dall’art. 52 del vigente regolamento;

• ho provveduto a convocare, nei termini di legge, la seduta, richiesta da 1/5 dei componenti assegnati, del Consiglio comunale, previa conferenza dei presidenti di gruppo consiliare, in tal caso non obbligatoria, nella quale ho fatto rilevare all’unico consigliere dell’opposizione presente quanto segue:

− è diritto da tutelare il potere dei consiglieri comunali di richiedere la convocazione del Consiglio comunale ai sensi dell’artt. 39 comma 2 del TUEL 267/2000 e che al Presidente del Consiglio comunale spetta esclusivamente solo la verifica formale che la richiesta sia avanzata dal prescritto numero di consiglieri, non potendo comunque sindacarne l’oggetto;

− è prerogativa del Consiglio comunale nella sua totalità la verifica della ammissibilità delle questioni da trattare;

− la scelta degli istanti, però, di utilizzare lo strumento dell’ordine del giorno (art. 52 del Regolamento) per trattare l’esame di atti di esclusiva competenza dirigenziale (legittimità) contrasta con la previsione dello Statuto comunale (art. 14 comma 7) che recita che “il Consiglio comunale può adottare risoluzioni, mozioni, ordini del giorno per esprimere sensibilità e orientamenti presenti in città su temi ed avvenimenti di rilievo locale, ma anche nazionale ed internazionale”;

− ho sottolineato, inoltre, altri aspetti rispetto all’istruttoria dell’atto proposto che, ho anticipato, avrei comunque comunicato in aula, ribadendo che appartiene ai poteri sovrani dell’assemblea consiliare decidere in via pregiudiziale (art. 55 del vigente Regolamento) se e come procedere all’esame dell’ordine del giorno proposto con la richiesta di convocazione del Consiglio comunale.

Questo è quanto dovevo fare e dire nell’esercizio attivo della mia carica nel rispetto delle citate regole. Poi ci sono le regole, anch’esse legittime, della politica. Che non per questo possono delegittimare le istituzioni e chi le rappresenta. Io non lo consento, né lo consentirò”.

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