Inchiesta

Camorra, clan Sacco-Bocchetti | La storia, le origini, i protagonisti

Sacco e Bocchetti sono due clan di camorra che hanno scelto di schierarsi come un un’unica compagine, stringendo un’alleanza per controllare più zone, per avere più potere, affiliati e per unitamente formare un’associazione di tipo mafioso.

Prevalentemente attivi nella città di Napoli, nelle zone di San Pietro a Patierno, Secondigliano, in aree del nord Italia come Rimini e in altre nazioni come la Romania.

Clan Sacco-Bocchetti: storia, origini, protagonisti

Il clan Sacco-Bocchetti fu fondato tra gli anni ‘90 e 2000 da Gennaro Sacco e Gaetano Bocchetti.

L’alleanza tra il clan Sacco ed i Bocchetti, precisamente nata nel 1997, rischiò diverse volte di sciogliersi a causa delle scelte fatte da Gennaro Sacco, che secondo gli affiliati prendeva decisioni senza consultarsi con i fratelli Gaetano, Ciro, Vincenzo e Mario Bocchetti.

I Sacco, prima si legarono al clan Lo Russo di Secondigliano e agli Scissionisti di Scampia e poi al clan Moccia di Afragola e senza consultarsi con il clan Bocchetti, avevano anche l’intenzione di riallacciare i rapporti con Marco Mariano, da poco scarcerato e intenzionato a riprendere il potere sui Quartieri Spagnoli e, con Luigi Cimmino, anche lui da poco uscito dal carcere.

Con Gennaro Sacco, ai vertici del clan dal 1997, si stava abbandonando la tradizionale vicinanza alle famiglie dei Contini-Mallardo-Licciardi.

Questi comportamenti non venivano visti di buon grado dai Bocchetti che temevano di essere messi da parte, che il potere dei Sacco crescesse troppo e che queste strategie potessero ledere i rapporti con gli storici alleati.

Sacco-Bocchetti- Duplice Omicidio-1

L’omicidio del boss Gennaro Sacco e del figlio Carmine

In una fase di trasformazione dell’organizzazione, sotto la guida di Gennaro Sacco e per le sue scelte, il gruppo si trovò in una posizione autonoma rispetto al clan Licciardi di Secondigliano, inoltre, la vicinanza dei Sacco-Bocchetti ai Moccia di Afragola, voluta sempre dal boss Sacco, ma non approvata dai Bocchetti,  fu confermata in un colloquio telefonico ascoltato dagli Investigatori, nel quale alcuni esponenti dei Bocchetti si dicevano:

(…) Che tenimmo a che vede’ con sti afragolesi, che ce trase dint’a sacca (…).

Tradotto voleva dire, che dobbiamo fare con queste persone di Afragola, non ne abbiamo nessun vantaggio!

Altre lamentele e affermazioni di imposizione contro la famiglia Sacco gli Inquirenti le ascoltarono anche in un’altra telefonata nella quale Ciro Bocchetti riferì ad Antonio Zaccaro:

(…) La famiglia siamo noi (…).

Uno dei motivi più significativi che determinò la frattura tra i due gruppi fu che per il clan Bocchetti la famiglia Sacco non divideva più i proventi degli affari illeciti come previsto dagli accordi, insinuando che i Sacco si appropriassero di nascosto di grosse somme di denaro e questo fosse imperdonabile dato che molti di quei soldi erano destinati come aiuti economici ai detenuti loro affiliati.

Nel 2009 ci fu anche l’omicidio di Mariano Bacioterracino, in via Vergini nella Primavera, nel rione Sanità, per quell’omicidio fu arrestato Costanzo Apice, nipote di Gennaro Sacco e anche se successivamente venne assolto il clan Bocchetti vide quell’episodio come l’ennesima mancanza da parte della famiglia Sacco, perché certi che ad essere il mandante dell’agguato fosse stato il boss Gennaro e che fosse stato fatto un “favore” ad un clan di Afragola.

Martedì 24 novembre 2009 a San Pietro a Patierno, proprio nel periodo nel quale Gennaro Sacco era a capo del gruppo, mentre si trovava in compagnia del figlio Carmine, che all’epoca aveva 29 anni, furono vittime di un agguato.

I sicari fecero fuoco e colpirono il boss del rione Berlingieri Gennaro Sacco alla testa uccidendolo sul colpo, mentre il figlio Carmine si diede alla fuga su una moto, durante la corsa disperata perse il controllo del mezzo, fu immediatamente raggiunto dai killer e ferito gravemente da diversi colpi.

Morì poco dopo l’arrivo all’Ospedale di San Giovanni Bosco.

Clan Sacco Bocchetti

La ricostruzione dei reparti investigativi

Gli Operatori dell’Arma dei Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli agli ordini del Colonnello Antonio De Vita, notificarono le misure cautelari in carcere a carico di Ciro Bocchetti, Stefano Foria, Paolo Murolo, Ciro Casanova, Salvatore Criscuolo, a diversi indagati e anche i due pentiti Antonio Zaccaro e Domenico Monteriso.

Secondo quanto emerse da una prima ricostruzione investigativa e grazie alle misure cautelari che vennero emesse dal gip Pietro Carola, si potè ricostruire come si svolsero i fatti del 2009.

Le indagini dei pm Giusy Loreto e di Enrica Parascandolo, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Filippo Beatrice, ricostruirono i possibili moventi e responsabilità del duplice omicidio di Gennaro Sacco e di suo figlio Carmine, arrivando alla conclusione che il clan Bocchetti venne a conoscenza di una informazione che fece decretare la sentenza di morte nei confronti del boss Sacco e suo figlio.

Sacco doveva morire non solo perché non faceva girare i proventi della droga e delle altre attività illecite, ma perché fu scoperto essere un confidente di polizia.

Vittorio Pisani, assolto dall’accusa di aver favorito un imprenditore, confermò che Gennaro Sacco era stato in passato un confidente di polizia, in un periodo in cui i Sacco-Bocchetti si erano resi autonomi rispetto ai Licciardi di Secondigliano e avevano intrecciato rapporti sempre più costanti con il clan Lo Russo, gli Amato-Pagano e i Moccia, secondo quanto emerse da un comunicato stampa diramato dalla Procura di Giovanni Colangelo e a distanza di tempo dalla pubblicazione del video dell’omicidio di Costanzo Apice che fece il giro del web.

Clan Sacco- Bocchetti
Clan Sacco- Bocchetti

Arresti eccellenti

Gaetano Bocchetti

  • Nel 1985 venne arrestato in casa di un operaio incensurato, in via Piazzolla al Trivio.

Gaetano Manzo

  • Nel 2017 venne arrestato, in Romania, il ragioniere del clan.

Manzo curava la contabilità del gruppo, provvedeva al recupero crediti e spesso si occupava al rifornimento di stupefacenti dall’estero. Raggiunse una posizione di rilievo nell’organizzazione e per un lungo tempo, essendo l’unico leader in libertà, si occupò degli affari e dei rapporti diplomatici con le altre organizzazioni.

Mario Bocchetti

  • Nel 2018 gli Operatori della Polizia Penitenziaria del Nucleo Operativo di Napoli Secondigliano arrestarono su disposizione della Procura Generale della Repubblica di Napoli, a 55 anni, per il reato di associazione di tipo mafioso.

Condannato ad una pena di 12 anni e 8 mesi di reclusione, fu trasferito al Centro Penitenziario di Secondigliano.

Ritenuto tra i mandanti dell’omicidio di Carmine Grimaldi, soprannominato “Bombolone”, ucciso nel luglio del 2007 nella zona di San Pietro a Patierno, nella periferia nordorientale della città.

Grimaldi, uomo di fiducia del boss Vincenzo Licciardi, capo dell’omonimo clan di Secondigliano, venne assassinato nell’ambito della scissione del gruppo dei Sacco-Bocchetti dal clan Licciardi.

Altri mandanti dell’omicidio di Grimaldi sono stati Antonio Zaccaro, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia, e Gennaro Sacco, nel frattempo deceduto.

Ciro Bocchetti
Ciro Bocchetti

Bocchetti si occupò anche di organizzare l’agguato mortale di Gennaro Sacco e suo figlio Francesco, mentre l’esecutore materiale dell’omicidio fu Costanzo Apice, già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Mariano Bacio Terracino.

A Bocchetti i pm antimafia contestarono anche l’associazione di tipo mafioso e il ruolo di vertice nel gruppo scissionista dei Licciardi condiviso con il fratello, Gaetano, detenuto in regime di carcere duro.

L’agguato al figlio del boss Sacco-Bocchetti

Settembre 2022, alcuni sicari hanno fatto fuoco contro il figlio minorenne, 17 anni, del boss Sacco-Bocchetti e lo hanno fatto con l’intento di eliminarlo.

Solo il caso ha impedito il buon esito dell’agguato, nonostante la vittima fosse stata colpita a una spalla, al volto e all’inguine.

L’episodio, secondo una prima ricostruzione, è avvenuto poco prima delle 23 quando i medici dell’ospedale Cto hanno allertato la centrale operativa dell’Arma per segnalare la presenza di un minorenne ferito da colpi d’arma da fuoco che, pochi minuti prima, è stato lasciato da ignoti, all’ingresso del pronto soccorso.

Poco dopo l’arrivo presso la struttura ospedaliera, gli Operatori del Nucleo Operativo della Compagnia Vomero, dopo essersi accertati delle condizioni del ferito, giudicato non in pericolo di vita, hanno dato inizio alle indagini sull’accaduto.

Attentato -Figlio Minorenne Boss Sacco- Bocchetti
Attentato -Figlio Minorenne Boss Sacco- Bocchetti

Pochi elementi quelli forniti dalla stessa vittima che, agli Operatori dell’Arma dei Carabinieri, ha raccontato di essere stato avvicinato da sconosciuti mentre si trovava in via don Pino Puglisi.

Secondo quanto ha riferito la vittima, uno di questi aggressori, senza alcun motivo apparente, ha estratto una pistola semiautomatica e ha fatto fuoco.

Il ragazzo, nonostante le ferite, sarebbe riuscito a mettersi in salvo e successivamente sarebbe stato soccorso da alcune persone che lo hanno trasportato in ospedale.

Un racconto che gli inquirenti non hanno ritenuto convincente, a cominciare dal luogo dove effettivamente sarebbe avvenuto l’agguato.

Gli accertamenti, infatti, hanno permesso di trovare alcuni bossoli calibro 9×17, compatibili con i proiettili utilizzati dal commando, dinanzi alla chiesa di Santa Maria del Buon Rimedio, poco distante da via Peppino Impastato, la stessa strada dove abita il figlio del boss.

Clan Sacco-Bocchetti

Il clan Sacco-Bocchetti oggi

Nonostante diversi riassetti interni al gruppo, con il tempo le alleanze che ne sono scaturite hanno portato l’organizzazione Sacco-Bocchetti ad un sempre maggior potere.

Gaetano Bocchetti, insieme ai fratelli e i fedelissimi affiliati, è stato uno dei fautori dell’Alleanza di Secondigliano e anche se oggi si trova al regime del carcere duro, ha gettato le basi che hanno permesso una continuità del clan negli affari illeciti.

Aree di Napoli, zone di Secondigliano e San Pietro a Patierno permangono sotto l’egemonia del gruppo, oggi guidato da elementi di nuova generazione della famiglia e da nuove leve e sostenuto da fiancheggiatori di zone limitrofe.

Il traffico di sostanze stupefacenti, l’estorsione, l’infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche e l’abusivismo edilizio, restano gli affari principali del clan.

Oggi il clan Sacco-Bocchetti è attivo, forte di diverse alleanze e affiliati, e prosegue nei propri affari illeciti.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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