Inchiesta

Camorra: Renato Cinquegranella | La storia, le origini

Renato Cinquegranella è capo e appartenente ad una associazione di tipo mafioso, camorristico, attivo sul territorio nazionale e internazionale, prevalentemente nella città di Napoli e provincia.

Renato Cinquegranella: storia, origini, protagonisti

Renato Cinquegranella è nato a Napoli domenica 15 maggio 1949.

La sua storia criminale ha avuto inizio presto, ma a renderla “degna di nota”, sono stati gli efferati omicidi che ha commesso, i diversi ergastoli che lo hanno visto condannato, poi le fughe, le evasioni e la latitanza che ancora oggi perdura.

Nuova camorra organizzata, Fratellanza Napoletana e Cinquegranella

Con l’avvento della Nco di Raffaele Cutolo nello scenario criminale napoletano si formarono due macro gruppi.

Da un lato Raffaele Cutolo, capo assoluto che coordinava anche i clan che aderirono alla sua “camorra ideologica”, la Nuova camorra organizzata e dall’altro la Fratellanza napoletana formata da Luigi Giuliano, i suoi fratelli e cugini, dal clan Licciardi, dal clan Mallardo, Giovanni Paesano, Antonio Giaccio detto “Scialò”, il clan Di lauro, Nunzio Bocchetti, il clan Lo Russo e Luigi Vollaro.

A fine anni ‘80, la Nco era una delle organizzazioni criminali più potenti d’Europa e sia Cosa nostra siciliana, che Cosa nostra statunitense, dovevano relazionarsi con Cutolo per i loro affari.

Anche le famiglie di Napoli e Campania, che avevano legami di sangue con Cosa nostra, che erano affiliati a Cosa nostra come uomini d’onore, come la famiglia dei Nuvoletta, dovevano sottostare agli accordi con la Nco, fino a quando non accettando più l’egemonia di Cutolo insieme a Michele Zaza, Antonio Bardellino, Umberto Ammaturo e Carmine Alfieri aderirono alla Fratellanza napoletana, associazione per delinquere poi dalla stampa rinominata “Nuova famiglia”.

23 novembre 1980, il terremoto

La sera di domenica 23 novembre 1980 dalla Basilicata, alla Campania, fino alle province di Foggia, tutto tremò, quasi tutto crollò.

Si manifestò uno dei terremoti più potenti e devastanti del secolo con magnitudo 6.9 dell X grado della scala Mercalli. Distrusse quasi tutta l’Irpinia, alcune zone di Napoli, della Basilicata e diverse altre zone nel foggiano.

Fece quasi 3.000 vittime, circa 9.000 feriti e 2.800 sfollati. Fu letteralmente una catastrofe.

Quella sera, però, non tutti morirono a causa del terremoto, o meglio, non per diretta causa di esso.

Infatti, appena ebbe inizio il sisma, come da protocollo di sicurezza nelle carceri, per riunire i detenuti nelle aree più sicure, si aprirono automaticamente le celle e quando tutti i detenuti iniziarono a scappare e si creò confusione, fu allora che Raffaele Cutolo diede ordine ai suoi accoliti di uccidere tutti i suoi nemici e mentre cadevano calcinacci, alcuni detenuti vennero raggiunti da coltellate.

Per cause diverse dal terremoto, nel carcere di Poggioreale di Napoli, i feriti furono diversi e i morti furono tre.

Raffaele Cutolo aveva molto potere nelle carceri e con facilità poteva decretare la vita o la morte di tanti.

Probabilmente, fu proprio uno di questi omicidi, che scatenò la vendetta del gruppo rivale, nel quale vi era proprio Renato Cinquegranella.

sequestro beni clan poggiomarino

Infatti, tra i crimini che alcuni magistrati ascrissero a Cinquegranella vi fu il macabro omicidio avvenuto giovedì 21 gennaio 1982, ai danni di Giacomo Frattini, detto “Bambulella”, affiliato alla Nco di Raffaele Cutolo.

Frattini, fu torturato, ucciso e fatto a pezzi. Parti del suo corpo furono ritrovate in un lenzuolo, la testa con il volto sfigurato, le mani e il cuore, invece, chiusi in un sacchetto di plastica.

Gli inquirenti ipotizzarono come movente la vendetta, per un omicidio avvenuto in carcere di un fedelissimo del vecchio boss di Secondigliano, Aniello La Monica.

Tra gli esecutori materiali del massacro di Frattini, insieme a Cinquegranella, all’epoca già latitante, finirono sotto processo anche Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo ’o milionario”, soprannome datogli da Luigi Giuliano, detto “Lovegino”, il boss Salvatore Lo Russo, suo fratello Mario Lo Russo, Luigi Vollaro esponente dell’omonimo gruppo di Portici e Pasquale Gatto.

Il caso Ciro Cirillo

A seguito del terremoto che colpì e rase al suolo gran parte del centro Italia, lo Stato italiano, con allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, stanziò in una prima fase, oltre 8.000 miliardi di lire, somma esorbitante che negli anni successivi crebbe quasi a moltiplicarsi e somma sulla quale la criminalità organizzata non attese a metterci subito le mani.

Si individuarono delle irregolarità e nel corso delle indagini vennero arrestate 384 persone, tra politici, amministratori, imprenditori, boss e affiliati alla camorra.

Ciro Cirillo
Ciro Cirillo

Ventotto i clan coinvolti, tra i quali la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia dei Nuvoletta e i Bardellino.

Chi provò ad opporsi alle infiltrazioni mafiosi fu eliminato, come il sindaco di Pagani Marcello Torre, ucciso dai cutoliani nel dicembre 1980, appena poche settimane dopo il sisma. Cutolo cercò di far ammazzare anche un magistrato, Gagliardi, che aveva capito il giro sporco dei soldi per la ricostruzione finiti in mano alle camorre.

D’altra parte furono stanziati quasi 50 miliardi di euro di oggi e i clan avevano intuito che nelle loro mani sarebbero potuti essere un “tesoretto” non da poco.

In questo modo potevano gestire gli appalti, la manodopera, i materiali e potevano farlo senza troppi problemi.

I due gruppi antagonisti operarono in modo diverso, Cutolo investì i soldi che riuscì a ricavare in modo meno lungimirante dei rivali che invece fondarono banche, gruppi di credito, società ed aziende, che permisero loro in qualche modo di “legalizzare” gli illeciti e i proventi ottenuti con lo sfruttamento e l’appropriazione indebita dei soldi pubblici stanziati per la ricostruzione.

Poi la sera del 27 aprile 1981 alle ore 21.45 nel proprio garage di casa di via Cimaglia a Torre del Greco, Ciro Cirillo, che dopo il terremoto divenne vicepresidente del Comitato tecnico per la ricostruzione, fu sequestrato da un commando di cinque appartenenti alle Brigate Rosse della colonna napoletana, capeggiati da Giovanni Senzani.

Durante il conflitto a fuoco morirono l’agente di scorta maresciallo di Polizia di Stato Luigi Carbone e l’autista Mario Cancello, mentre venne gambizzato il segretario dell’allora assessore campano all’urbanistica, Ciro Fiorillo.

L’enigma, il rapimento Cirillo e l’ipotetica trattativa

Secondo alcuni inquirenti Renato Cinquegranella fu implicato nel rapimento del vice presidente Ciro Cirillo, probabilmente appoggiando logisticamente le Brigate rosse, per perseguire i propri interessi e quelli dei gruppi della camorra a lui legati.

Di contro, avendo “l’antagonista” Cutolo molti suoi uomini nelle carceri, come dichiarò al Giudice istruttore di Napoli Carlo Alemi, nel corso di diversi processi, mentre era in carcere ad Ascoli Piceno, alcuni Funzionari dei servizi segreti e politici appartenenti soprattutto alla Democrazia cristiana, gli fecero visita affinché intercedesse per far liberare Ciro Cirillo.

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Cutolo raccontò di diversi incontri e di una trattativa, non ufficiale, nella quale in cambio egli avanzò diverse richieste per ottenere dei vantaggi.

Sempre secondo Cutolo, chiese ai suoi interlocutori, delle agevolazioni, migliori condizioni e maggiori libertà di spostamento all’interno dei carceri, per sé e i suoi affiliati, minore controllo della Polizia per i suoi traffici all’esterno e una lista “nera”, un elenco di nomi eccellenti che gli erano di ostacolo e tra i quali, si presume, ci fosse anche il nome di Antonio Ammaturo, l’allora capo della Squadra Mobile di Napoli.

Come oggetto di scambio, per poter trattare con i brigatisti, Cutolo propose di offrire loro dei soldi e soprattutto armi.

In effetti Cutolo aveva la possibilità di rendere un vero inferno la vita dei brigatisti in carcere facendo intendere che poteva capitare loro qualunque cosa, ogni giorno, come e quando avesse voluto.

Cutolo affermò di aver avuto anche diversi incontri con il suo braccio destro Vincenzo Casillo, che all’epoca era latitante, ma che entrava ed usciva dai carceri e dagli uffici grazie ad un tesserino dei servizi segreti fornitogli proprio dall’Organo di competenza.

Ma queste rimasero solo ipotesi, anche se alcune sentenze, in parte, confermarono alcune veridicità delle affermazioni fatte da Cutolo, ma sempre parzialmente confermate, o inconcludenti.

Il 24 luglio 1981 Ciro Cirillo fu rilasciato in un palazzo abbandonato in via Stadera a Poggioreale.

Il giorno prima le Brigate Rosse comunicarono la liberazione perché era stato pagato un riscatto di un miliardo e 450 milioni di lire “raccolti da amici”, come sostenne lo stesso Cirillo.

Il sequestro dell’assessore napoletano fu al centro di durissime polemiche poiché, a differenza del sequestro Moro, la Dc optò per la trattativa con i terroristi, sia pur sottobanco e senza ufficialità.

Secondo alcuni inquirenti, proprio coloro che nel 1978, ovvero Funzionari, politici e rappresentanti delle più alte cariche dello Stato, che si opposero fermamente a trattare con i terroristi per il rilascio di Aldo Moro, solo tre anni dopo, a quanto pare, inspiegabilmente, cambiarono idea e posizione.

Il caso Ammaturo

Antonio Ammaturo, capo della Squadra mobile di Napoli, nel pomeriggio di giovedì 15 luglio 1982, stava recandosi in Questura in compagnia dell’agente Pasquale Paola e sotto casa sua in Piazza Nicola Amore, mentre stavano per salire in auto, vennero affiancati da un’altra vettura dalla quale scesero due uomini che fecero fuoco e li uccisero sul colpo.

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Antonio Ammaturo

Sul posto c’era un’agente della polizia municipale che prontamente rispose al fuoco, ma che non sortì effetto e mentre l’auto degli aggressori si mise in fuga, sulla strada fu individuata da un’unità della Squadra mobile della sezione Falchi che inseguendo i criminali iniziarono uno scontro a fuoco.

I Falchi riuscirono a ferire due dei fuggitivi.

L’inseguimento continuò fino ai vicoli dei quartieri Spagnoli e gli aggressori nel fare una manovra maldestra, rimasero incastrati con l’auto e i passeggeri seduti sui sedili posteriori furono costretti ad uscire dai finestrini.

L’inseguimento proseguì, poi, tra i vicoli, fino a quando i Falchi, purtroppo, non ne persero le tracce.

Gli inquirenti intuirono subito che l’agguato fu appoggiato da clan della camorra locale e che gli attentatori ebbero copertura e supporto anche durante la fuga tra i vicoli.

Renato Cinquegranella fu sospettato e imputato di essere il mandante dell’omicidio e in seguito si scoprì che diede ospitalità ai feriti nella sua villa di Castel Volturno per dare agli attentatori il tempo di curarsi e riprendere la fuga.

I responsabili materiali dell’omicidio furono i brigatisti Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi e Marina Sarnelli.

Diverse ipotessi formulate anche dall’avvocato della famiglia Ammaturo, collegarono sin da subito il caso Cirillo con l’omicidio di Antonio Ammaturo, compreso il Fratello del capo della Squadra mobile di Napoli.

In particolare e in più occasioni parlò di alcune indagini che Ammaturo stava portando avanti e di alcune scoperte che aveva fatto, proprio collegate al rapimento Cirillo.

In una Telefonata al fratello gli comunicò di aver mandato due fascicoli, uno al Ministero di riferimento e una copia a lui e utilizzando testuali parole disse: (…) se non mi uccidono prima, ho scoperto delle cose che faranno tremare tutta Napoli e non solo (…).

Probabilmente facendo riferimento a dei legami che aveva scoperto tra politica e camorra. Alla fine nessuna delle due copie dei fascicoli citati da Ammaturo è stato mai trovato.

Dda e relazione Dia

Secondo la Dda e la Dia, Renato Cinquegranella, condannato a diversi ergastoli per omicidio, associazione di tipo mafioso, camorristico, per detenzione illegale di armi da fuoco ed altri reati, evaso due volte, è nell’elenco dei criminali più pericolosi e ricercati d’Italia.

L’efferatezza dei suoi delitti e l’ambiguità della sua persona lo rendono un soggetto ad altissimo rischio per la società.

In ogni ufficio delle Forze dell’Ordine c’è una sua foto segnaletica.

È latitante dal 2002, da quando ha fatto perdere le sue tracce.

Dal 7 dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

Renato Cinquegranella oggi ha 74 anni ed è uno dei boss della camorra più temibili, in penombra, ancora latitante, ma tuttora attivo.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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