Inchiesta

Camorra, gli scissionisti di Secondigliano | La storia, le origini, i protagonisti

Gli scissionisti di Secondigliano sono un insieme di clan di camorra che, dopo anni di alleanza con la famiglia di Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo o milionario”, nel 2004, si staccano e diventano autonomi.

Conosciuti anche come il clan Amato-Pagano, con l’appoggio anche di altri gruppi e contatti all’estero, in modo indipendente e antagonista, dal periodo della scissione ad oggi sono attivi a Napoli, nelle zone di Secondigliano, ma anche in aree di Arzano, Melito di Napoli, Mugnano di Napoli, in Spagna, Costa del Sol, Galicia e Barcellona.

Gli scissionisti di Secondigliano, clan Amato-Pagano: storia, origini, protagonisti

Il clan Amato-Pagano, chiamato in modo sprezzante dai rivali come gli “Spagnoli”, fu fondato da Raffaele Amato, noto anche come “O Spagnolo” e da suo cognato Cesare Pagano tra gli anni ‘90 e gli anni 2000.

Raffaele Amato, nato a Napoli giovedì 11 novembre 1965, iniziò la sua “carriera” criminale come sicario per la famiglia Di Lauro,

In breve tempo raggiunse ruoli sempre più importanti all’interno dell’organizzazione, il suo operato venne considerato significativo allo scopo di ottenere l’egemonia sul territorio e riuscì, così, a conquistarsi la fiducia del boss Paolo Di Lauro.

Cosimo Di Lauro
Cosimo Di Lauro

La scissione

Dopo l’arresto di Paolo Di Lauro, il comando e la gestione degli affari passarono nelle mani dei figli, prevalentemente in quelle di Cosimo Di Lauro (Napoli 8 dicembre 1973 – Opera 13 giugno 2022), all’epoca, quelle di Secondigliano e Scampia erano le piazze di spaccio più grandi d’Europa, organizzate in modo preciso seguivano schemi e regole, accordi e alleanze che Paolo Di Lauro, “Ciruzzo o Milionario”, aveva con intuito e determinazione realizzato, “O sistema”, una macchina che faceva affari illeciti di diverso tipo, ma che prevalentemente trafficava in sostanze stupefacenti e che con le sue piazze guadagnava miliardi di euro, un vero e proprio impero, costruito, testato e consolidato.

Anche se già qualche anno prima, qualche contrasto si era presentato, Ciruzzo o milionario era sempre riuscito a mediare e rimediare, cosa che con il figlio Cosimo al comando non si verificò.

Paolo Di Lauro
Paolo Di Lauro

Cosimo, noto anche come “The Designer Don”, per la sua passione per gli abiti firmati, quando ebbe il comando iniziò a cambiare i capi delle piazze, a modificare accordi e modalità di suddivisione dei proventi illeciti e a fare un vero e proprio ricambio generazionale degli affiliati, mettendo ai vertici nuove leve di sua fiducia.

Ovviamente queste modifiche apportate dal figlio Cosimo, al Sistema realizzato da “Ciruzzo o milionario”, creò una vera frattura con i “vecchi” e storici fedelissimi di Paolo Di Lauro e si ribellarono.

Si formarono gruppi di opposizione e, capeggiati dal clan Amato-Pagano, presero il nome di “Scissionisti di Secondigliano”.

Arcangelo Abete
Arcangelo Abete

Prima faida di Secondigliano

Da una parte i Di Lauro con a capo Cosimo e dall’altra gli “scissionisti” con a capo Raffaele Amato, la prima faida di Secondigliano, o anche faida di Scampia, finì per diventare presto uno degli scontri più efferati di camorra degli ultimi decenni, una vera e propria guerra combattuta soprattutto nel quartiere di Scampia e Miano

Il conflitto coinvolse altre zone e altri clan, tra i quali gli Abbinante di Marano, i Pariante di Bacoli, i Ferone di Casavatore e le famiglie referenti di Melito di Napoli.

Numerose furono le vittime, quasi 100 e non mancarono errori, scambi di persone e vittime innocenti.

Vittime innocenti

  • Dario Scherillo, ucciso a 26 anni il 6 dicembre 2004 per errore perché scambiato per un altro.
  • Antonio Landieri, disabile, ucciso per errore a 25 anni il 6 novembre 2004 mentre si trovava ad un circoletto nei pressi dei Sette Palazzi, nell’agguato furono feriti altri 5 giovani, anch’essi incensurati, che erano con lui.
  • Attilio Romanò, ucciso a 29 anni il 24 gennaio 2005 per errore perché scambiato per un altro.

Il trasferimento in spagna

La famiglia Di Lauro mise in giro la voce tra le proprie fila, che esponenti degli Amato-Pagano avevano “preso indebitamente” dagli incassi illeciti comuni, ovvero senza dirlo, quindi rubandoli, tre milioni di euro.

Questo spinse Raffaele Amato e diversi suoi uomini di fiducia a trasferire la regia degli scontri in corso, nonché la direzione degli affari e dei traffici del clan in Spagna, da qui gli “Spagnoli”.

Sul posto, cioè a Napoli, gli Amato-Pagano rimasero un esercito di fedelissimi affiliati e fiancheggiatori, killer professionisti, dotati di armi da guerra ed esplosivi e personale sulle piazze di spaccio per garantire un costante afflusso di denaro, tra sentinelle, pusher e trasportatori di “rifornimenti”.

Le regole e le tecnologie di protezione

Venne accertato che Amato acquistò, nel corso di una fiera a Londra, aperta ai dirigenti dei servizi segreti di Israele, Germania e Stati Uniti, un dispositivo, del costo di 150.000,00 euro, utilizzato per annichilire, in un raggio molto ampio, i segnali elettrici provenienti da radio, cellulari e microspie.

Tempo addietro, Amato, quando era ancora uno dei trafficanti al servizio del boss Paolo Di Lauro, il telefono era costretto ad utilizzarlo, seppur con le dovute attenzioni.

Al cellulare, si faceva chiamare “Michele il napoletano”.

Il collaboratore di giustizia Antonio Picadichiarò agli inquirenti che dieci anni dopo, distrutta l’organizzazione di Ciruzzo ’o milionario e conquistato il potere criminale a Secondigliano, Raffaele Amato diventò ancora più sospettoso nei confronti della tecnologia e a proposito delle precauzioni che il boss degli “scissionisti” adottava durante gli incontri con i suoi uomini di fiducia, il boss chiedeva di prendere tutti i cellulari in possesso dei ragazzi sulle piazze di spaccio per un totale di 200, 300 cellulari minimo.

Il boss ‘O Spagnolo si preoccupava del fatto che qualcuno potesse parlare “troppo” e mettere le Forze dell’Ordine sulle tracce per arrivare a lui.

Disposizioni di massima sicurezza riguardavano non solo le prevenzioni da far adottare agli affiliati sull’uso delle utenze telefoniche delle quali erano responsabili gli stessi capi piazza, che dovevano anche punire chiunque trasgredisse gli ordini, ma riguardavano anche le intercettazioni ambientali.

Infatti, sempre secondo le dichiarazioni di Pica, Amato si avvaleva dei servizi di due tecnici specializzati, ognuno dei quali ricompensato con 1.500 euro a operazione.

I tecnici doveva effettuare “bonifiche” periodiche e verificare la presenza di dispositivi d’intercettazione, sia audio che video, nei covi in cui si riunivano affiliati e responsabili dei turni di spaccio.

Altri, tra i quali Prestieri, riferirono di un dispositivo in grado di segnalare, tutte le telefonate effettuate nel raggio di un chilometro, in grado anch’esso di individuare microspie che trasmettevano i segnali sulla linea telefonica.

Inoltre, i vertici del gruppo degli “Spagnoli” avevano disponibilità di cellulari criptati che rendevano particolarmente ostiche le attività di spionaggio delle conversazioni, ne esistono ancora oggi numerosi modelli in commercio a partire da circa 2mila euro, che si appoggiano su linee diverse da quelle classiche.

I contatti per i traffici internazionali

Raffaele Amato, ‘O Spagnolo, importò tonnellate di hashish dalla Spagna in Italia, poi mediò con i cartelli sudamericani per l’acquisto di colossali partite di cocaina, infine, come capo assoluto di una holding criminale con sede a Secondigliano e ramificazioni in tutt’Italia e all’estero riuscì a realizzare una struttura tentacolare, che monopolizzò il mercato della vendita delle sostanze stupefacenti al dettaglio nella provincia di Napoli.

I collaboratori di giustizia che ne parlarono, descrissero Raffaele Amato come un boss carismatico, capace di mediare e dalla grande esperienza criminale.

Di lui si occupò la stampa per la prima volta il 27 gennaio 2001, quando gli Operatori della Polizia di Stato lo arrestarono in un albergo a Casandrino, dove, secondo gli Investigatori, si sarebbe dovuto incontrare con dei trafficanti olandesi e tedeschi, per l’acquisto di 6 chili di cocaina proveniente dall’Olanda, nascosti in un ruotino di scorta.

Fu stimato che Il carico di droga aveva un valore di circa 800 milioni di lire.

Il Tribunale del riesame, però, lo scarcerò dopo 15 giorni, perché non c’erano le prove che Raffaele Amato fosse in contatto con gli altri soggetti individuati come trafficanti, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Raffaele Amato decise di segnare, con un proprio simbolo, i panetti di hashish da 250 grammi che importava dal Libano e dall’Afghanistan.

Un simbolo, un “brand”commerciale come si sarebbe potuto dire nel campo della pubblicità. L’immagine che scelse Amato, fu uno scorpione.

Sotto quel simbolo, il boss diventò il capo incontrastato della holding criminale di Secondigliano e non molto tempo dopo, l’incontro con i grandi trafficanti colombiani lo catapultò nel maxi business della cocaina.

Dalla Spagna inondava di polvere bianca i ghetti controllati dal clan, che macinava guadagni stratosferici. Si muoveva tra Madrid e Barcellona, senza grossa difficoltà, imparò la lingua e le usanze locali.

Il cartello Amato-Pagano, ormai, non aveva rivali sulla piazza partenopea e lo scorpione iniziò a diventare un simbolo, un segnale di appartenenza che gli affiliati più giovani esibivano con orgoglio sui muscoli o sulle targhe delle auto, dove, accanto ai numeri e alle lettere identificative, spuntava quel simbolo.

Le vicende giudiziarie de ‘O Spagnolo

Il 27 febbraio del 2005, venne intercettato dagli Operatori dell’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia Civil davanti all’entrata del casinò municipale di Barcellona, dopo aver perso 6mila euro al tavolo di black jack. Era accompagnato da 5 guardaspalle. In carcere, però, Amato non restò molto, venne scarcerato per un vizio di forma e a un anno esatto dalla data di arresto, si diede nuovamente alla macchia, continuando a gestire una organizzazione che contava ancora centinaia di uomini stipendiati tra pusher, vedette, killer, fiancheggiatori, custodi e trafficanti.

Gennaro Marino
Gennaro Marino

A chi gli dà la caccia, sembra imprendibile.

Alla fine, domenica 17 aprile 2009, gli Operatori della Squadra Mobile di Napoli lo bloccano dopo un inseguimento durato cinquanta chilometri, a Malaga. L’estradizione del boss Raffaele Amato impegnò 30 agenti di scorta e un elicottero di appoggio, perché c’era il pericolo di un attentato nei suoi confronti.

I magistrati della Dda di Napoli gli contestarono anche alcuni omicidi, risalenti a molti anni prima, che andavano ad inserirsi nella faida di Mugnano, che vide contrapposti il gruppo di Antonio Ruocco e il clan di Ciruzzo ’o milionario, al quale, a quel tempo, Amato apparteneva.

Raffaele Amato
Raffaele Amato

Il cognato Cesare Pagano

Cesare Pagano aveva un ruolo strategico, boss, braccio destro, e responsabile “militare”  e commerciale dell’organizzazione.

Quando la faida di Scampia era già finita, Cesare Pagano venne messo in contatto con Salvatore Torino da Salvatore Cipolletta, compare di nozze di Nicola Torino.

Cesare Pagano andò nel Quartiere Sanità diverse volte accompagnato da Salvatore Cipolletta e si recò a casa di Salvatore Torino per accordarsi con quest’ultimo per consegne di 25 chili di cocaina al mese, accordo che andò in porto e che fruttò milioni di euro.

Il collaboratore di giustizia Andrea Parolisi, in un interrogatorio del 24 gennaio 2007 confermò i rapporti esistenti tra il clan degli “Spagnoli” e il clan Lo Russo, conosciuto anche come “i capitoni”, gruppo di Miano.

Cesare Pagano
Cesare Pagano

Cesare Pagano disse che “i capitoni so’ frat a noi” (i Lo Russo sono nostri fratelli) e che, dopo il dicembre 2006, gli accordi prevedevano che gli “scissionisti”, dopo aver fatto arrivare la droga dalla Spagna, settore nel quale erano i numeri uno ed aver rifornito le proprie piazze, potevano dare il rimanente ai “Capitoni”, i quali avrebbero rifornito anche le loro piazze.

Nel 2006, il commercio delle sostanze stupefacenti fece entrare nelle casse del clan Amato-Pagano una cifra stratosferica, tanto che Cesare Pagano un mese diede una quota di 30mila euro ai suoi capi piazza e a fine “stagione”, ogni piazza portò ad un guadagno netto di 300mila euro.

La taglia di 150mila euro sulla testa di Gennaro Marino

Gennaro Marino, considerato dagli inquirenti della Dda di Napoli un altro capo militare degli  “scissionisti”, durante la faida di Secondigliano, ex fedelissimo del boss Paolo Di Lauro, si unì a Raffaele Amato, fu uno dei fautori della scissione e sicario nella guerra contro i Di Lauro.

Responsabile della piazza di spaccio delle Case celesti, che fruttava un guadagno per Ciruzzo ’o milionario di almeno 300 milioni di lire a settimana, Marino venne coinvolto nel 1993 nelle indagini su un quadruplice omicidio, avvenuto a Melito nell’ambito del conflitto tra i Di Lauro e il gruppo di Ernesto Flagiello, per la gestione delle aree di commercio delle sostanze stupefacenti nella zona nord di Napoli.

Prosciolto dall’inchiesta, riuscì a evitare anche il primo maxi blitz contro il clan Di Lauro, nella quale, con il boss Paolo in latitanza, si lasciò l’organizzazione nelle mani dei figli Cosimo, Ciro e Marco Di Lauro.

Nel corso delle indagini sulla faida, si scoprì che Cosimo Di Lauro aveva messo una taglia di 150.000,00 euro sulla testa di Gennaro Marino.

Il blitz e gli arresti eccellenti

Mercoledì 24 novembre 2004, vennero catturati durante un blitz del Commissariato di Scampia, all’interno di un appartamento al tredicesimo piano di un edificio, in via Fratelli Cervi, Cesare Pagano insieme a Gennaro e Raffaele Notturno, Arcangelo Abete e altri affiliati.

Quasi tutti i boss e vari capi finirono in manette con l’accusa di possesso illegale d’armi da fuoco e associazione di tipo mafioso e di camorra.

Il sospetto degli Investigatori fu che quel “summit” dovesse servire a pianificare l’offensiva finale contro i Di Lauro, per sterminarli con fucili mitragliatori, bombe a mano e altre armi pesanti ed esplosivo.

Clan Amato-Pagano oggi

Il clan Amato-Pagano oggi è attivo nella città di Napoli nel quartiere di Secondigliano e nelle aree di Arzano, Melito di Napoli, Mugnano di Napoli, in Spagna, Costa del Sol, Galicia e Barcellona.

Secondo la Dda e le indagini della Dia anche se chi era al comando del clan si trova in carcere, in seguito ad un ricambio generazionale e fiancheggiatori fedeli che lo sostengono, il gruppo è forte e persiste nel traffico di sostanze stupefacenti grazie ai contatti all’estero, tra Spagna, sudamerica e anche paesi del nordafrica.

Lo scorpione-simbolo sui panetti di hashish del clan- killer del deserto
Lo scorpione-simbolo sui panetti di hashish del clan- killer del deserto

Le sostanze trattate restano prevalentemente hashish, marjuana, e soprattutto cocaina.

Hanno polso in diversi quartieri dove impongono il pagamento del “pizzo” ai commercianti e  hanno creato società di copertura per garantirsi appalti edili, con finalità di riciclo di proventi e denaro illecito.

Come organizzazione criminale dimostrano grandi abilità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche e nelle attività bancarie.

Oltre ad avere affiliato nuove e giovani leve, il clan Amato-Pagano detiene ancora il controllo di importanti porzioni o intere piazze di spaccio, come quella di Secondigliano, restando non solo una fazione antagonista, ma manifestando la propria indipendenza negli affari, possedendo una propria rete e confermando il controllo militare sulle proprie aree d’interesse.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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