Cronaca

Ricoverato per un problema al rene, Ciro muore a 31 anni a causa del Covid | La famiglia: “Contagiato in ospedale”

Covid, Ciro D'Ambrosio morto in ospedale: possibile contagio in ospedale. I parenti chiedono che venga fatta chiarezza

La famiglia di Ciro D’Ambrosio chiede che venga fatta chiarezza sul 31enne morto lo scorso 17 marzo all’ospedale Cardarelli di Napoli per complicazioni legate al Covid. Secondo i parenti, il 31enne sarebbe stato contagiato in ospedale e per questo motivo hanno sporto denuncia alle forze dell’ordine su consulenza legale dell’avvocato Vincenzo Carotenuto e dello Studio 3A-Valore Spa.

Covid, Ciro D’Ambrosio morto in ospedale: la famiglia vuole chiarezza

Il calvario di Ciro D’Ambrosio inizia il 31 gennaio quando, lamentando forti dolori al fianco destro, la sorella lo conduce al pronto soccorso dell’ospedale evangelico Villa Betania, dove gli riscontrano una preoccupante insufficienza renale, lo sottopongono a una trasfusione di sangue e consigliano il trasferimento in un presidio ospedaliero dotato di reparto di Urologia.

La sorella quindi l’indomani, primo febbraio, lo accompagna al Cardarelli dove a entrambi, come prima cosa, viene effettuato un tampone rapido che dà esito negativo. Inizia un’odissea: gli fanno un’altra trasfusione, un urologo lo visita. Quindi lo passano in Osservazione Breve Intensiva, dove il paziente viene sottoposto a un nuovo test molecolare, sempre negativo: altri tre giorni di attesa.

Un altro urologo torna a vederlo, paventa addirittura la possibilità di dover asportare un rene che dà problemi, e dispone  il ricovero nel reparto. A Ciro viene effettuato un altro tampone molecolare, negativo, stesso esito di quello a cui vengono sottoposti la sorella e il padre che si danno il cambio per assisterlo e che inizialmente gli infermieri mandano via.

Le cure sono lunghe e problematiche. Per salvare il rene i sanitari gli applicano la nefrostomia e successivamente intervengono per cambiarle posizione, lo curano con trasfusioni e antibiotici, cominciano a sottoporlo alla dialisi, lo trasportano in Gastroenterologia per praticargli un altro intervento di occlusione di una cavità nell’esofago, finisce per alcuni giorni anche in Medicina d’urgenza per una crisi respiratoria. Durante tutti questi passaggi il paziente viene continuamente sottoposto al tampone molecolare, che dà sempre risultato negativo.

La positività al Covid

Finalmente la terapia sembra dare effetto, il rene riprende a drenare in modo accettabile, ma i medici di Urologia spiegano alla sorella che adesso Ciro ha bisogno di un nefrologo. E il 24 febbraio il trentunenne viene quindi trasferito in Nefrologia ma per poche ore. Il 25 febbraio, infatti, arriva l’esito del tampone effettuato anche in questa circostanza all’ingresso in reparto e stavolta purtroppo risulta positivo: il paziente viene subito “dirottato” nel reparto Covid del Cardarelli e la sorella non può più restare con lui, ma solo sentirlo per telefono 3-4 volte al giorno.

All’inizio non presenta sintomi, ma i seguito i medici gli riscontrano una polmonite bilaterale, ha bisogno di alti flussi di ossigeno a caldo, gli mettono il casco. E nel frattempo continuano a sottoporlo a dialisi. Il 17 marzo Ciro si arrende. Ora i suoi cari e Studio3A chiedono alla magistratura di fare piena luce sulle eventuali responsabilità del decesso del proprio caro.


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