Cronaca

Maria Licciardi impartiva ordini anche nei reparti Covid: infiltrati del clan al Cotugno

Le intercettazioni di Maria Licciardi contenute nel decreto di fermo

Lady Boss Maria Licciardi, la cosiddetta mamma della Camorra, riusciva ad impartire ordini persino nei reparti di rianimazione Covid degli ospedali di Napoli. Il potere della sue intimidazioni era tale che bastava una telefonata per ottenere che un reparto pubblico diventasse una clinica privata, anche nel pieno della seconda ondata quando gli ospedali tornavano a riempirsi.

Arresto Maria Licciardi: le infiltrazioni negli ospedali Covid di Napoli

Ma lei, dalla casa bunker al centro di Secondigliano, è riuscita ad ottenere quello che voleva in pochi minuti. “Dovete farmi un piacere grosso, lì c’è una mia cugina ma è come se ci fossi io, dovete curarla per bene. Starle vicino sempre, altrimenti veniamo, ce la portiamo a casa e ce la curiamo noi”, dice al telefono a un suo conoscente.

Lui può intervenire in qualche modo nell’ospedale per malattie infettive Cotugno, che è certamente estraneo alle pressioni fatte da Licciardi al personale sanitario, quanto piuttosto le ha subite inconsapevolmente. Ma è proprio questa l’ennesima testimonianza delle capacità di infiltrazioni della boss nel tessuto sano della città.

L’intercettazione

È l’11 aprile scorso quando Maria Licciardi chiama questo amico. Poco prima aveva ricevuto una visita di un affiliato che chiedeva di interessarsi delle condizioni di salute di Maria Aieta, moglie del capoclan Eduardo Contini, suo storico alleato. La scena è ripresa da una microcamera piazzata fuori dalla sua casa alla Masseria Cardone e la conversazione è captata da una cimice che il Ros è riuscita incredibilmente ad attivare all’interno della casa di Licciardi.

Aieta sta maleha il Covid e il casco, non respira bene. Potete interessarvi voi?“, chiede ossequioso l’affiliato a nome di Contini in persona. Lei non perde tempo, alza la cornetta del telefono e parla con quell’uomo che è felice di aver ricevuto un incarico così importante. “Senti mi devi fare un piacere proprio grosso – dice – C’è una cugina mia sopra al Cotugno, l’hanno portata giovedì mattina. Si deve vedere per una conoscenza, per andarle vicino, per sollevarla un poco e si deve vedere di fare qualcosa. Si chiama Maria Aieta“. Dall’altra parte l’infermiere acconsente riferendo che si sarebbe rivolto a una infermiera che lavora nel reparto di terapia intensiva. Pochi minuti e la richiama: tutto fatto.

Scena muta davanti al gip

La forza intimidatrice di Maria Licciardi è stata raccolta dalle conversazioni intercettate dal Ros che tre giorni fa l’hanno bloccata all’aeroporto di Ciampino a Roma in procinto di partire per Malaga notificandole un decreto di fermo della Dda di Napoli. Ieri non ha risposto al gip di Roma che ha convalidato il fermo disponendo il carcere e ha spedito gli atti a Napoli per competenza territoriale. Difesa dall’avvocato Eduardo Cardillo proverà al Riesame ad ottenere l’annullamento del provvedimento cautelare.

Ma questa volta, contro di lei, ci sono le sue stesse parole. Quando le dicevano che era anziana e che non poteva più rischiare, andava su tutte le furie. A giugno ha convocato un affiliato a casa e l’ha rimproverato senza mezzi termini. “Tu dai ordini, ma gli ordini li dai per i Licciardi e io sono una Licciardi – gli urla in faccia – Io sono una Licciardi e questa scelta l’ho fatta cinquant’anni fa e lo sapevo a quello che andavo incontro, e lo so ancora, non ti preoccupare“. E al rischio di finire in carcere lei ci pensa ma risponde secca: “Non ho paura, io nel carcere ci vado al ce…“.

Fonte: Il Corriere del Mezzogiorno

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