Cronaca

Migranti, alcuni esempi di integrazione nelle cooperative italiane

C’è la cooperativa che con i migranti fa rinascere un piccolo comune della Calabria semi spopolato e quella che invece in un borgo medioevale della Toscana insegna la convivenza ai ragazzi che arrivano da zone di guerra, ma c’è anche chi anticipa il Governo e si inventa il centro per l’impiego del futuro e chi organizza task force per salvare piazze, parchi e spazi pubblici insieme agli stranieri. Sono solo alcuni degli esempi di quella cooperazione buona che fa bene all’Italia presenti a Roma a Palazzo Rospigliosi, all’assemblea “Un’altra cooperazione è possibile” di Ue.Coop, l’Unione Europea delle Cooperative nata per segnare una forte discontinuità rispetto al vecchio mondo della cooperazione.

Migranti nelle cooperative Ue.Coop

Con 4mila realtà iscritte e oltre 600mila soci l’attività di Ue.Coop si estende a tutto il territorio nazionale con un’azione che affronta i principali problemi del Paese: dallo spopolamento dei piccoli borghi alla riqualificazione degli spazi urbani, dall’impatto dei migranti nella società italiana all’inserimento dei disabili, dal lavoro alle attività anti spreco. Fare bene – spiega Ue.Coop – significa sviluppare l’economia senza perdere il valore sociale della vera cooperazione, come a Camini, minuscolo comune in provincia di Reggio Calabria, con poco più di 250 abitanti, quasi tutti anziani dove la cooperativa Eurocoop fa rivivere il paese, insegnando ai migranti mestieri come muratore, falegname, fabbro e inserendoli nella comunità locale.

In Toscana, nel borgo medioevale di Rondine, in provincia di Arezzo, la cooperativa La Rondine ospita studenti che arrivano da zone di guerra come Balcani, Caucaso, Medio Oriente e Africa, studiano insieme, sperimentano la convivenza e la pace e poi tornano nei loro Paesi di origine per costruire un futuro per le loro comunità nazionali. Ma fra le cooperative c’è anche chi, come la Patchanka di Torino, ha anticipato i progetti nazionali di riforma dei centri per l’impiego passando dalla semplice ricerca di occupazione con l’incrocio di domande e offerta, alla creazione di occasioni di lavoro anche per disabili e soggetti disagiati con attività che vanno dalla sartoria di qualità al ristorante a km zero con una mensa sociale per chi è in difficoltà.

Ma la cooperazione che fa bene all’Italia – spiega Ue.Coop – riguarda anche il recupero degli sprechi come la coop sociale “Felici da matti” attiva in Calabria nei territori della Locride, nel Crotonese e nella Piana di Gioia Tauro, dove raccoglie indumenti usati da trasformare in salviette di cotone per la pulizia di macchinari industriali in cantieri navali, industrie grafiche, tipografie, autofficine o fabbriche di marmi, ma, coinvolgendo i migranti, si occupa anche della raccolta di olio esausto vegetale che unito al Bergamotto grazie a un’antica ricetta crea un sapone naturale, il “Bergolio”.

In Piemonte la coop “Chicco Cotto” creata all’interno dell’Istituto Cottolengo di Torino coinvolge ragazzi disabili psicofisici nella gestione dei distributori automatici di caffè, snack e bevande – spiega Ue.Coop – insegnando loro non solo a rifornire le macchine, ma anche a tenere la contabilità dei prodotti inseriti e gli intervalli di intervento sui distributori. E sempre in Piemonte – conclude Ue.Coop – la “Magazzini di Oz” si occupa di ristorazione impegnando e valorizzando giovani under 30 allo scopo di sostenere l’associazione Casa di Oz che si occupa di dare sollievo e assistenza con ospitalità di lungo termine e assistenza psicologica alle famiglie con bambini gravemente malati e ricoverati all’ospedale Regina Margherita di Torino.

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