Cronaca

“Ha patito carenza d’acqua”, scarcerata la moglie del boss

La detenuta ottiene un risarcimento di 16 euro

La moglie di un boss “per 1.602 giorni la detenuta ha patito la carenza dell’acqua potabile“: lo scrive il magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nell’ordinanza con la quale ha disposto un riduzione di pena.

Scarcerata la moglie del boss per carenza d’acqua

Il magistrato ha ridotto la pena alla detenuta dopo aver effettuato un ricalcolo, e in assenza di ulteriori provvedimenti, ha anche deciso la scarcerazione, per Emilia Sibillo, moglie del ras Giuseppe Buonerba. Il boss Buonerba era ritenuto elemento di spicco dell’omonimo gruppo camorristico napoletano. La donna, che ora è in attesa di essere liberata, dal 2015 sta scontando una condanna (8 anni e 6 mesi per associazione di tipo camorristico) nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere dove manca l’allaccio alla rete idrica e l’acqua viene prelevata da due pozzi artesiani per poi essere potabilizzata.

Il reclamo dell’avvocato di Emilia Sibillo

Il giudice ha accolto l’istanza presentata dal legale della donna, l’avvocato Sergio Simpatico, per il quale “finalmente in Italia si fanno valere i diritti umani anche per i detenuti. I trattamenti disumani e degradanti non sono ammessi per nessuno, soprattutto nelle democrazie occidentali. Con questa ordinanza – conclude – non possiamo sentirci più l’ultima ruota del carro“. Nel reclamo l’avvocato Simpatico ha evidenziato anche che la detenuta ha fruito di pochissime ore d’aria e che le celle erano di dimensioni ridottissime (meno di 3 metri quadrati pro capite). Il giudice ha ridotto di 160 giorni la pena da espiare e concesso un indennizzo di 16 euro. In base al ricalcolo, Emilia Sibillo, avrebbe dovuto essere scarcerata circa un mese e mezzo fa.

La mancanza d’acqua nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

La “grave mancanza di acqua potabile nell’istituto di Santa Maria Capua Vetere“, già sottolineata in più occasioni da diverse istituzioni, è stata evidenziata lo scorso 21 febbraio nell’istanza con cui è stato anche ricordato che il carcere vive “in una situazione di sovraffollamento”. In sostanza, è la tesi dell’avvocato, accolta dal giudice, tutto questo “comporta un aumento esponenziale del trattamento inumano e degradante, che diventa esagerato, con grave nocumento per la salute, minata dalla carenza di igiene senza acqua”.

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