Cronaca

Nuove accuse per Adolfo Greco, il “re del latte” di Castellammare: tesoro nascosto dietro un muro

Il sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta ha chiuso le indagini con l'accusa di autoriciclaggio per l'imprenditore

Nuove accuse per Adolfo Greco: il tesoro era frutto di evasione fiscale e rispartmi. Per questo motivo, il sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta ha chiuso le indagini con l’accusa di autoriciclaggio per l’imprenditore “re del latte” di Castellammare e uomo di fiducia di Raffaele Cutolo, tanto da essere coinvolto nella vicenda dell’acquisto del Castello Mediceo di Ottaviano e nella trattativa per la liberazione dell’allora assessore regionale democristiano Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate rosse e poi liberato dopo l’intervento dal carcere di don Raffaè.

Ex re del latte, un tesoro nascosto dentro il muro: nuove accuse per Greco

Come riporta Il Mattino, Adolfo Greco, 71 anni, era finito in carcere e a processo perché accusato di aver partecipato a due estorsioni ai danni di imprenditori suoi amici, da lui veicolate attraverso una contrattazione con i clan di camorra dell’area stabiese. Prima ai domiciliari per motivi di salute, da luglio è tornato libero su ordine dei giudici del tribunale di Torre Annunziata, che hanno accolto l’ultima istanza presentata dai difensori di Adolfo Greco, gli avvocati Maiello e Stravino.

Le indagini

Nel corso della trentesima udienza del processo «Olimpo», il pm Cimmarotta ha notificato la chiusura indagini a Greco. Una questione che riguarda il ritrovamento, durante il blitz per il suo arresto il 5 dicembre 2018, di 2,7 milioni di euro in contanti. I soldi furono scovati dalla polizia in un doppiofondo del muro dell’abitazione di Greco. Nel corso di uno degli interrogatori a cui si è sottoposto, l’imprenditore ritenuto dall’Antimafia «borderline» ha spiegato come quel denaro fosse in parte frutto di evasione fiscale, soldi con i quali pagava anche il pizzo a diversi clan e – è l’accusa della Procura di Torre Annunziata – con cui corrompeva parlamentari come Luigi Cesaro. Quelle estorsioni non erano mai state denunciate, ma Greco le ha raccontate ai giudici durante il suo lungo interrogatorio – durato tre udienze – lo scorso anno.

Le notifiche

Per questo, la chiusura delle indagini è stata notificata, a piede libero, anche a tre boss e a due pentiti del clan D’Alessandro, che dovranno rispondere di estorsione aggravata dal metodo mafioso proprio ai danni di Greco. Rischiano il processo l’attuale capoclan Vincenzo D’Alessandro (figlio del defunto boss Michele), Paolo Carolei (attualmente detenuto al 41-bis) e Sergio Mosca, finito in carcere un anno fa e ritenuto all’epoca il reggente della cosca. E ancora due ex killer di camorra che oggi sono tra i collaboratori di giustizia stabiesi più attendibili: il più recente Pasquale Rapicano e prima ancora Renato Cavaliere, accusati di aver vessato Greco tra il 2009 e il 2019, come confermato anche nei loro interrogatori. 

Le intercettazioni

Un colpo di scena, l’ennesimo, che ha spinto la difesa di Greco a chiedere di esaminare con più attenzione quella documentazione e a richiedere la discovery sugli atti a corredo dei decreti che hanno autorizzato le intercettazioni nel corso delle indagini coordinate dalla Dda, partite nel 2013 e chiuse solo nel 2018, per poterne vagliare l’utilizzabilità. Per questo, i giudici hanno deciso di rinviare di due settimane la requisitoria del pubblico ministero, slittata per la terza volta (era prevista da calendario prima a fine giugno, poi a inizio luglio) per poi decidere sull’eccezione sollevata.

Questioni tecniche e racconti della camorra anni 80-90 che hanno arricchito (e rallentato) il processo, che rischia di arrivare a sentenza con tutti gli imputati a piede libero, compreso Luigi Di Martino, alias «’o profeta», ex reggente del clan Cesarano, detenuto al 41-bis, dove resterà comunque perché sta scontando condanne definitive.

Fonte: Il Mattino

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