Cronaca

Omicidio Mariarca Mennella, si riapre il caso. Sentenza impugnata grazie all’introduzione delle aggravanti

Quello di Mariarca Mennella non fu un omicidio d’impeto, ma una vera e propria vendetta dettata dalla gelosia. Il Pm della Procura di Venezia, dott. Raffaele Incardona, titolare del procedimento, ha impugnato la sentenza di primo grado con cui l’omicida, il pizzaiolo di Torre del Greco ed ex marito della vittima Antonio Ascione, è stato condannato dal Tribunale a 20 anni.

Il processo potrebbe riaprirsi

Mariarca venne uccisa il 23 luglio 2017, nella sua casa di Musile di Piave, nel Veneziano, dove si stava ricostruendo una vita dopo la separazione da quel marito violento e possessivo.

La 38enne originaria di Torre del Greco venne accoltellata all’alba mentre si trovava ancora a letto.

La sentenza, pronunciata il 4 ottobre 2018, è stata accolta con amarezza e rabbia dai familiari di Mariarca, assistiti dall’avv. Alberto Berardi.

Il legale di parte civile, Prof. Berardi, infatti l’ha appellata, ma solo ai fini civili non essendogli dato di ricorrere in sede penale, dove invece – presso la Corte d’Appello di Venezia – ha potuto presentare ricorso il difensore di Ascione, Avv. Giorgio Pietramala.

Le aggravanti

Il P.m.. Incardona, nel suo ricorso alla Suprema Corte, notificato alle parti il 9 aprile, punta su una delle due aggravanti, i futili motivi (l’altra è la premeditazione), che non sono state invece riconosciute dal giudice, Massimo Vicinanza, determinando così la riduzione di pena dall’ergastolo a trent’anni, divenuti poi venti con l’abbreviato.

La telefonata

Una circostanza per tutte, la prima telefonata che l’assassino fa dopo aver accoltellato Mariarca è diretta al responsabile del punto vendita dove lavorava, all’outlet di Noventa di Piave, per comunicargli di aver ucciso l’ex moglie perché si frequentava con due giovani colleghi di lavoro.

Il Pm ricorda anche che il killer ha agito dopo aver scoperto i messaggi sullo smartphone che la moglie si era scambiata con il nuovo partner e dopo aver preso atto che quel legame che voleva ripristinare si era ormai definitivamente sciolto, anche questo chiaro indizio di “gelosia punitiva”.

L’imputato ha agito in modo subdolo, in quanto, abusando dell’ospitalità concessagli dall’ex moglie, da un lato ha mostrato di accettare la sua scelta di porre fine alla relazione coniugale, dall’altro non ha fatto altro che controllarne la vita, spiandone anche il telefono, l’ha insultata, l’ha minacciata pochi giorni prima dell’omicidio, l’ha ricattata anche utilizzando i figli minori, arrivando addirittura a perorare il suo licenziamento.

 

 

 

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