Cronaca

Caso Cesaro, il pentito in aula: “Strinsero un patto con il clan Polverino”

MARANO DI NAPOLI. “I fratelli Cesaro fecero un patto con la camorra, risalente al periodo in cui si discuteva del Pip di Marano. Me lo rivelò in carcere il cognato del boss Giuseppe Polverino“. È quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi Tammaro Diana nel processo in corso ad Aversa, al Tribunale di Napoli Nord, in cui sono imputati per concorso esterno in camorra gli imprenditori Raffaele e Aniello Cesaro.

I due imprenditori sono attualmente detenuti e sono fratelli del neo-senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Il processo, in cui compaiono altri cinque imputati, è iniziato nel dicembre scorso e ha subito conosciuto un primo stop. La causa è dovuta alla decisione del presidente designato del collegio giudicante, Giuseppe Cioffi, che si è astenuto nel febbraio scorso dopo che era stata diffusa dalla stampa, in piena campagna elettorale, una foto che lo ritraeva a una convention di Forza Italia tenutasi ad Ischia nell’ottobre 2017.

Caso Cesaro, la rivelazione del pentito

Oggi sono stati ascoltati in aula i collaboratori di giustizia; sono state acquisite le dichiarazioni del boss dei Casalesi Antonio Iovine.

Tammaro Diana ha poi confermato di aver saputo in carcere, dal cognato del boss di Marano Giuseppe Polverino, che il clan aveva stretto un patto con i fratelli Cesaro per occuparsi degli appalti relativi al piano di insediamento produttivo.

Per la Procura Antimafia di Napoli, i Cesaro (difesi da Paolo Trofino, Vincenzo Maiello e Raffaele Quaranta) e il clan Polverino avrebbero creato una società occulta che si sarebbe avvalsa del fiume di danaro proveniente dai traffici illeciti dell’organizzazione criminale per poter operare tranquillamente.

I fratelli Cesaro nella prima udienza, che si è tenuta a dicembre, presero la parola e fecero delle dichiarazioni spontanee, nelle quale affermarono di non aver “mai avuto rapporti con i Polverino”, “né di aver accettato i loro finanziamenti. Le nostre società erano solidissime e non avevamo certo bisogno di accordarci o ricevere somme dal boss Polverino”.

Fonte: IlMattino.it

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