Cronaca

Sigarette di contrabbando, smantellata organizzazione: nove arresti

NAPOLI. Nelle prime ore della mattinata odierna, i finanzieri del Comando Provinciale di Napoli, in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Scico) di Roma, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale partenopea nei confronti di 9 persone – di cui 8 in carcere e una agli arresti domiciliari – appartenenti a un’associazione criminale dedita al commercio illegale di tabacchi lavorati esteri dall’est Europa verso l’Italia, facente capo a Francesco Sepe, 51 anni e Raffaele Truglio, 64 anni e composta, fra gli altri, da diversi cittadini partenopei già noti alle forze dell’ordine. Lo riporta il quotidiano Il Mattino.

Il gip ha inoltre accolto la richiesta di sequestro preventivo di beni immobili, beni mobili registrati, complessi aziendali e rapporti finanziari per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro, ritenuti il frutto e il reimpiego dei lucrosi proventi conseguiti dal sodalizio grazie alle loro attività illecite.

Sigarette di contrabbando, scattano gli arresti

Le investigazioni, svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria del Gico di Napoli e coordinate dalla Direzione Distrettuale di Napoli, hanno permesso di identificare i partecipi all’organizzazione contrabbandiera, i canali internazionali utilizzati per l’importazione delle merci dall’estero e di sequestrare – nel 2016 – un ingente carico di tabacchi lavorati esteri.

L’operazione che ha portato al sequestro dei tabacchi ha permesso di disvelare un peculiare modus operandi dell’organizzazione per eludere i controlli sulla regolare detenzione e trasporto delle merci da parte delle competenti autorità doganali e di polizia. L’organizzazione, infatti, sfruttando la possibilità di far transitare i tabacchi lavorati esteri in regime di sospensione di imposta destinati verso i Paesi extra-Ue, pianificava una fittizia operazione di esportazione di un carico pari a 9 tonnellate di sigarette prodotte in Romania che, in transito per l’Italia a bordo di un container, si sarebbe dovuto imbarcare presso il porto di Salerno per la destinazione dichiarata del porto di Misurata in Libia.

Le indagini della guardia di finanza

In realtà, il piano dell’organizzazione prevedeva che, una volta giunto in Italia, il container contenente le sigarette sarebbe stato sostituito con un altro container, preventivamente caricato di merce fasulla (scatole vuote e mattoni), il quale avrebbe proseguito regolarmente il viaggio verso la Libia accompagnato dalla relativa documentazione doganale. Come accertato successivamente, infatti, per il trasporto delle sigarette dalla Romania all’Italia l’organizzazione aveva predisposto un container “clone”, ovvero identico nella forma e nel colore a quello originale fornito dalla compagnia di spedizione e cautelato con sigilli contraffatti, sul quale era stato apposto anche il medesimo numero di serie utilizzando un’inusuale targhetta adesiva.

L’analisi e l’interpretazione dei dati emersi dalle indagini condotte avevano consentito alla PG operante di intervenire prontamente, interrompere la fittizia operazione di esportazione e sequestrare il carico, arrestando in flagranza i due responsabili. Successivamente, lo sviluppo complessivo delle investigazioni ha portato a ricostruire anche il fronte estero dell’organizzazione facente capo a un cittadino di origini moldave, fornitore della merce illecita nonché punto di contatto con la fabbrica di sigarette sita in Romania presso la quale operava una dipendente infedele, identificata in Adina Ionescu, di nazionalità rumena. La Ionescu Adina, parte attiva del sodalizio, forniva anche copia della documentazione accompagnatoria del trasporto di sigarette pulita, cioè priva del timbro di ingresso nel porto di Salerno in modo da poter giustificare, nel corso di un eventuale controllo, la presenza in territorio italiano delle sigarette contenute all’interno del container “clone”. Le indagini si sono avvalse della cooperazione dell’autorità giudiziaria.

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