Cronaca

“Sono positiva e chiusa in casa da 20 giorni, ma l’Asl non mi fa il tampone”: lo sfogo di Ersilia Cacace, di Casalnuovo di Napoli

"Nessun numero dell’Asl risulta attivo né mi ha mai risposto, il mio medico di base alza le mani dicendo che non ha nessun potere in merito e quindi è inutile che gli faccia pressioni"

È chiusa in casa da 21 giorni ed è in attesa del tampone dell’Asl: Ersilia Cacace, giornalista di Casalnuovo di Napoli, non riesce ad ottenere una visita da parte dell’Asl dopo essere risultata positiva al Covid 19 a seguito di un tampone eseguito privatamente presso una struttura sanitaria. Nonostante i tentativi di mettersi in contatto con l’azienda sanitaria locale e con il medico di base, Ersilia Cacace è obbligata a restare segregata in camera, con in casa una madre affetta da Bpco cronico-ostruttiva e una sorella al nono mese di gravidanza nello stesso palazzo.

Ersilia Cacace: “io, positiva al Covid e segregata in casa nell’attesa del tampone”

Ecco lo sfogo di Ersilia Cacace per L’Occhio di Napoli:

“Sono residente a Casalnuovo di Napoli e sono risultata positiva al covid-19 (pauci-sintomatica) in data 9 ottobre (presentavo sintomi dal 5 ottobre, isolandomi immediatamente per mio scrupolo), ovviamente facendo tampone presso un centro privato. Sono stata segnalata all’Asl in data 10 ma solo il 12 mi hanno presa in carico.
Ad oggi, non hai mai ricevuto una telefonata per ricevere il secondo tampone: 21 giorni in totale isolamento dai sintomi, 17 giorni dal tampone, 14 dalla registrazione all’ASL.

“Nessun numero dell’Asl risulta attivo”

Nessun numero dell’Asl risulta attivo né mi ha mai risposto, il mio medico di base alza le mani dicendo che non ha nessun potere in merito e quindi è inutile che gli faccia pressioni.

Secondo decreto del Ministero della Salute, allo scadere del 21° giorno dai sintomi, indipendentemente che si sia positivi o negativi, si può uscire. Ma obbligatoriamente passando da un tampone eseguito dall’Asl competente (nel mio caso, residente a Casalnuovo, dovrei recarmi a Frattamaggiore o Giugliano).

ersilia cacace

“Sono obbligata a restare in casa”

Quindi io, pur potendo uscire, sono obbligata a restare segregata nella mia camera, con in casa una madre affetta da Bpco cronico-ostruttiva e una sorella al nono mese di gravidanza nello stesso palazzo (che quindi non vogliono alcun tipo di contatto finché non sarò negativa).

In attesa di un certificato perché cosi vuole la legge. La legge dice che posso uscire anche da positiva, però il permesso me lo deve dare l’Asl.

Ad oggi, non avendo avuto nessuna chiamata, il mio medico di base mi ha inviato il numero di un medico afferente al reparto epidemiologico, pregandomi di non dire che il numero mi fosse stato girato da lei (e perché poi?), ma il bello è stata la risposta del medico. Nemmeno il tempo di rispondere al telefono, è stato di una scortesia unica, sottolineando che oggi non riceveva telefonate di lavoro (la chiamata di un paziente per un medico è considerabile “telefonata di lavoro”?), al che mi ha invitata a chiamarlo domani senza nemmeno domandarmi chi fossi e che problema avessi, solo con una grossa fretta di liberarsi del “disturbatore”.

“Sono tempi biblici”

Questo trattamento mi ha gettata nello sconforto più totale, e so bene di non essere l’unica. Credo sia inammissibile che ad oggi mi sia stato addirittura riferito che i tamponi presso l’Asl competente sono bloccati.

Vorrei che questa mia dichiarazione possa aver voce, in qualsiasi modo, per denunciare questi tempi biblici a cui siamo condannati, e dare una mossa alle procedure. Sono veramente esausta psicologicamente; da brava cittadina mi sono autodenunciata, ho aspettato, pazientato, ma adesso ho superato davvero ogni limite. Nemmeno il sindaco e le forze dell’ordine si sono minimamente smosse per dar voce a me e a tantissimi cittadini casalnuovesi bloccati in casa quasi da un mese”.

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