Cronaca

La camorra ed il business degli oli esausti: otto arresti tra Marche e Campania

Otto arresti per traffico illecito di rifiuti relativo al business degli oli esausti su cui la camorra aveva messo le mani. Nella mattinata di venerdì 10 marzo, militari del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Ancona, in collaborazione con il Gruppo Tutela Ambiente di Roma e Napoli, hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di altrettante persone indagate per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, inerente il recupero degli oli vegetali esausti.

La camorra ed il business degli oli esausti: otto arresti

Gli indagati sono D.S. F. di Napoli classe ’71, S.D. di Napoli classe ’73, P.G. di Mesagne classe ’94, M.P. di Acerra classe ’79, T.G. di Afragola classe ’71, C.P. di Casoria classe ’74, D.F. di Villa Literno classe ’79, B.M. di Bologna classe ’63.

L’attività illecita consisteva nel furto di oli vegetali esausti, classificati come rifiuto liquido non pericoloso, di elevato valore commerciale per gli incentivi collegati alla produzione finale di biocarburante. L’indagine, durata quasi due anni e denominata “Oro verde“, era volta a contrastare un importante fenomeno criminale che, con l’aggravante di agevolare associazioni criminali camorristiche, era dedito al traffico illecito di oli esausti trattati illecitamente, con gravi implicazioni di impatto ambientale per la gestione abusiva di ingenti quantità di rifiuti.

Le indagini

L’attività criminale, riconducibile a ditte dislocate tra la regione Marche (per lo più fascia litoranea sud, Grottammare, e inizio della abruzzese, Martinsicuro) e la regione Campania (Afragola, Casoria e Napoli), effettuava operazioni di raccolta illecita di olio vegetale esausto presso i contenitori di raccolta posti nelle vie urbane delle città, danneggiandoli, oppure presso sedi commerciali, senza le previste autorizzazioni.
L’olio trafugato, successivamente, veniva illecitamente stoccato presso lo stabilimento sito a Grottammare (AP) e poi trasportato presso altre ditte fuori regione, in assenza della prevista documentazione (Formulari di Identificazione Rifiuti) determinando, così, una totale assenza di tracciabilità del rifiuto.

Dalla disamina delle visure camerali e dall’analisi della documentazione acquisita, è emerso che le ditte coinvolte site in Campania oltre ad operare nel medesimo settore commerciale, avevano un legame strutturato e solido, in quanto i rispettivi amministratori erano legati tra loro da legami di parentela, condividevano le stesse sedi e utilizzavano vicendevolmente mezzi e dipendenti.

È emerso anche un legame con la criminalità organizzata, in particolare col clan Moccia, attraverso l’intestazione delle compagini sociali e anche mediante il ritorno di ingenti illeciti profitti, conseguiti dalle aziende coinvolte.

Paolo Siotto

Giornalista pubblicista dal 2015, collabora per l'Occhio da giugno 2019 dopo diverse esperienze con testate locali. È responsabile della redazione centrale del network giornalistico L'Occhio.

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