Cronaca

Napoli, arrestato Vincenzo Di Lauro: in manette il reggente del clan

Vincenzo Di Lauro, ritenuto il reggente dell’omonimo clan, è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli nella sua abitazione di piazza Zanardelli, nel quartiere Secondigliano, residenza storica del clan.

Ancora una volta a notificargli la misura cautelare, come le altre due precedenti volte, è stato il capitano dei carabinieri Salvatore De Falco.

Napoli, arrestato Vincenzo Di Lauro: in manette il reggente del clan

Questa volta viene ritenuto il mandato di uno degli otto omicidi avvenuti durante la seconda faida di Scampia. L’arresto di Vincenzo è, a tutti gli effetti, un colpo ferale all’organizzazione malavitosa fondata dal padre, Paolo, soprannominato “Ciruzzo o’ milionario“. Vincenzo Di Lauro, che sui libri paga del clan veniva indentificato con la sigla “F2”, in quanto secondo figlio di Paolo e Luisa D’Avanzo, è stato arrestato complessivamente tre volte, durante la sua carriera criminale, ma aveva scontato la sua condanna e dal 2015 era un uomo libero.

Secondo gli inquirenti è il figlio più operativo di Paolo Di Lauro, quello con la più grande capacità delinquenziale. Non rimase coinvolto nella prima faida di Scampia perché detenuto. Viene scarcerato nel 2006 e subito dopo si rende irreperibile.

Viene arrestato il 27 marzo 2007 per associazione a delinquere di stampo camorristico e infine scarcerato nel gennaio 2015 per fine pena. Dei sedici destinatari delle misure cautelari emesse dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea (sostituto procuratore Lucio Giugliano) gli unici liberi erano proprio Vincenzo Di Lauro e Salvatore Frate, quest’ultimo ritenuto legato al gruppo camorristico della Vinella Grassi, i cosiddetti “girati”.

Gli altri arresti

Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche i boss Cesare e Carmine Pagano, Raffaele Amato, oltre a Marco Di Lauro, nome in codice “F4” (quarto figlio di Paolo di Lauro), fratello di Vincenzo, detenuto al 41bis dopo l’eclatante arresto del 2 marzo 2019 a Napoli, dopo oltre 15 anni di latitanza (se ne erano perse le tracce dal 7 dicembre 2004).

Le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli si sono concentrate su otto omicidi e quattro ferimenti collaterali, “reazioni a catena”, li definiscono gli inquirenti, commessi a Secondigliano, tra metà marzo 2007 e gli inizi del 2008, nell’ambito della cosiddetta seconda faida di Scampia (la prima va dal 2004 al 2005). Lo scontro vide contrapposti principalmente i clan Di Lauro e Amato-Pagano, quest’ultimi soprannominati gli scissionisti in quanto in precedenza componenti dell’organizzazione camorristica fondata da Paolo Di Lauro, detto “ciruzzo o’ milionario”, padre di dieci figli maschi e di una femmina (adottata) avuti tutti da Luisa D’Avanzo, con la quale si era sposato nel 1973.

Gli omicidi

Gli omicidi sono quello di Giuseppe Pica, ucciso nel rione dei Fiori di Secondigliano, il 14 marzo 2007, con una pistola caduta a una persona che era con lui, datasi alla fuga, perché la mitraglietta Uzi dei sicari (Luigi Magnetti e Luigi Giannino, Salvatore Giannone – tutti morti – e boss Raffaele Amato, all’epoca minorenne del clan Amato-Pagano) si era inceppata;

  • Francesco Cardillo, (clan Di Lauro) venne ucciso con almeno 5 colpi di pistola (alla testa, bacino e gambe) il 14 marzo 2007;
  • l’ uccisione di Lucio De Lucia (clan Di Lauro) e il ferimento di Rosario Pizzone. L’agguato è scattato nel Rione dei Fiori, il 21 marzo 2007. De Lucia venne colpito mentre era in auto (9 colpi alla testa, due al torace e cinque al braccio sinistro). Una ventina i colpi sparati che ferirono anche Pizzone.
  • Patrizio De Vitale, del clan Di Lauro, venne ucciso subito essere passato con gli scissionisti. Rimase ferito Michele D’Avanzo, il 31 maggio: all’agguato presero parte due squadre di killer in sella a scooter, sempre nei rione dei Fiori di Secondigliano. De Vitale venne ucciso con cinque colpi (testa e torace). I numerosi colpi esplosi provocarono il ferimento di D’Avanzo.
  • Magnetti, affiliato al gruppo malavitoso della Vanella Grassi, prese parte, il 25 settembre 2007, all’omicidio di Salvatore Ferrara e al ferimento di Ugo De Lucia (che rimase paralizzato) e di Antonio Caldieri. L’agguato scattò su ordine dei boss Raffaele Amato e Cesare Pagano. I killer individuarono Ferrara nel bar Mary. Magnetti, da solo, con due pistole, sparò più volte, uccidendolo e ferendo contestualmente Ugo De Lucia e Antonio Caldieri, titolare del bar.
  • Dell’omicidio di Luigi Giannino (della Vinella Grassi), ucciso con una pioggia di proiettili il 13 giugno 2007, è ritenuto il mandante Vincenzo Di Lauro. Secondo le indagini fu lui a dare l’ordine di morte dal carcere, ribadito anche al fratello Marco che era libero. Due squadre di killer in auto armate di pistole e mitraglietta entrarono in azione: Giannino venne assassinato con 12 colpi, Luigi Magnetti che era con lui si salvò, ma rimase ferito Ciro Vallinoti.
  • Magnetti, del gruppo della Vinella Grassi, venne ucciso su ordine degli Amato-Pagano, sollecitati dallo zio della vittima, Salvatore Petriccione, per insanabili divergenze sorte sul controllo del gruppo camorristico, lo stesso giorno, il 25 settembre 2007, in cui uccise Salvatore Ferrara. Venne attirato in una trappola. Portato ad Arzano, in provincia di Napoli, dove venne assassinato con cinque colpi di calibro 38.
  • Sempre per avvantaggiare il clan Amato-Pagano venne ucciso Carmine Fusco, (affiliato al clan Di Lauro), il 9 febbraio 2008, mentre era nella sua Mini Cooper con quattro colpi di calibro 38

Redazione L'Occhio di Napoli

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