Inchiesta

Camorra a Napoli: le zone | Municipalità 7, Miano, Secondigliano, S. Pietro a Patierno 

Secondo i dati restituiti dall’ultima relazione Dia 2023, i clan di camorra attivi nella zona della Municipalità 7, dei quartieri Miano, Secondigliano e S. Pietro a Patierno di Napoli sono il clan Lo Russo (Quartieri Miano), i clan Mallardo, Contini e Licciardi, (quartiere Secondigliano) e il clan Sacco-Bocchetti (S. Pietro a Patierno).

I clan di camorra differiscono da tutte le altre organizzazioni mafiose per come sono strutturati, ovvero, “uno vale uno”. Non c’è una piramide, ma il “Sistema”, così anche noto, è a forma di ragnatela, indipendente, con la facoltà, a secondo degli interessi, di formare alleanze con ogni altra forma di mafia e criminalità, nazionale e internazionale.

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Altra peculiarità della camorra è il ruolo della donna all’interno dei clan, che non è secondario a quello dell’uomo, ma che spesso detiene il potere decisionale, amministrativo, economico, strategico, nonché di azione militare.

Le donne riscuotono tangenti, decidono alleanze e non sono rari agguati eseguiti da quelle che sono note come lady killer, quali mogli dei boss, figlie e affiliate dei clan. La stampa, ne racconta le vicende di cronaca; gli organi investigativi, i profili criminologici. L’inchiesta, ne mette insieme le informazioni e ne ripercorre i fatti.

Il resoconto che segue riguarda la Municipalità 7, Miano, Secondigliano e S.Pietro a Patierno di Napoli, aree contese da diversi clan, alleati e nemici.

Camorra a Napoli, le zone, Municipalità 7, Miano, Secondigliano e S. Pietro a Patierno

Clan di camorra nella Municipalità 7, quartiere di Miano

Nel quartiere di Miano, conosciuto e diviso anche come Miano di sopra (Miano ‘E copp) e Miano di giù (Miano ‘E Vasc) e nei quartieri Piscinola e Marianella, il clan egemone è quello dei Lo Russo, alleato con gli Scissionisti di Secondigliano, il clan Cimmino, il clan Maisto, Alleanza di Secondigliano, il  clan De Luca Bossa, Aprea-Cuccaro e la ‘Ndrina Commisso.

Miano
Miano

Clan Lo Russo, la storia

Il clan Lo Russo venne fondato dai fratelli Salvatore, Vincenzo e Giuseppe Lo Russo, che fecero la loro entrata nello scenario criminale napoletano verso la fine degli anni ‘60, formando il clan omonimo, conosciuto anche come “I Capitoni”.

Iniziarono con il racket, il traffico di armi, il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, il riciclaggio di denaro e soprattutto omicidi, avendo nel loro gruppo sicari molto abili, bene addestrati ed equipaggiati.

I Lo Russo, chiamati un po’ in modo offensivo, “I Capitoni”, perché considerati doppiogiochisti e approfittatori, dopo essere stati uno dei clan più potenti e temuti per il loro potenziale “militare”, ma anche in ambito strategico, date le loro capacità di mediazione, considerati abili a creare alleanze, erano considerati tra i clan da non sottovalutare e per un periodo capi indiscussi delle loro zone.

A seguito dei duri colpi subiti dalle Forze Armate dello Stato che decimarono il clan e per diverse diatribe interne al gruppo, i Lo Russo vissero un periodo di decadenza.

Inoltre molti elementi del clan diventarono collaboratori di giustizia.

Il clan Lo Russo oggi

Una generazione formata da nuove leve de “I Capitoni” ha aderito al nuovo e potente cartello nascente, noto come “Alleanza di Secondigliano”, riconquistando potere e zone, attualmente sotto il loro controllo.

Clan di camorra nella Municipalità 7, quartiere di Secondigliano

Secondigliano
Secondigliano

Con il clan Contini, ai vertici dell’Alleanza di Secondigliano, che mantiene il controllo di gran parte del centro di Napoli, come quartiere Vasto, Arenaccia, Ferrovia, Rione Amicizia, Borgo Sant’Antonio Abate, porzioni di Piscinola, Marianella, Miano, Chiaiano, Poggioreale, San Lorenzo, San Carlo All’Arena, Giugliano in Campania fino a Casoria, insieme ai clan Mallardo e Licciardi gestiscono anche altre aree dei quartieri di Secondigliano e Scampia.

Clan Contini, la storia

Il clan Contini venne fondato da Edoardo Contini, ‘O romano.

Il suo clan aveva il non semplice compito di controllare la zona più complessa di Napoli, ovvero l’Arenaccia. Difatti dal Corallo a Secondigliano, dalla Doganella alla Ferrovia, dai Ponti Rossi a San Giovanniello fino ad arrivare al centro storico (piazza Cavour) e quindi al cuore del quartiere, ovvero Piazza Carlo III, la zona si mostrava particolarmente insidiosa sia per la densità di popolazione, che per i limiti di competenza con le altre famiglie.

Le zone di confine del clan Contini furono scenario fino al 2010 di ripetute faide gerarchiche e territoriali.

‘O romano si circondava sempre di elementi fidati, evitando di assoldare nei gruppi di fuoco persone che non fossero cresciute con lui. Il quartiere adiacente al Corallo, il rione Amicizia, è una zona ad alta densità abitativa, anche sel’insediamento camorrista in questo quartiere non è violento né mal visto, ma anzi fortemente presente nella cultura delle persone che vi abitano e che popolano l’Arenaccia.

Edoardo Contini non approvò mai lo spaccio di determinate sostanze stupefacenti nel suo quartiere, concedendo solo a qualche fidato affiliato l’avvio di piccole piazze rivolte a ristretti giri di amici, ma non permise che kobret, eroina e crack entrassero nel suo quartiere.

Nonostante il potenziale guadagno, Edoardo Contini non volle “esasperare” il proprio territorio, ben conscio del fatto che gli abitanti non avrebbero visto di buon occhio l’insediarsi di piazze stabili e di tutto ciò che ne sarebbe conseguito, sentinelle, tossicodipendenti e continui controlli di Polizia di Stato e Carabinieri.

Edoardo Contini non preferiva l’uso della forza o delle armi, preferiva piuttosto accomodare i disguidi con la diplomazia, e pretendeva dai suoi uomini una fortissima disciplina.

La linea di comando dei Contini era molto salda: dal capofamiglia si passava ai caporegime, che comandavano vaste aree, poi ai capodecina che comandavano vari sottogruppi, fino ad arrivare ai soldati responsabili di singole aree ristrette.

A differenza di altri clan, i Contini controllavano in maniera molto pressante il loro quartiere e la figura di Edoardo, oltre ad essere temuta, era fortemente sostenuta, data la sua politica di contrasto ai disordini, alle violenze e alle angherie.

G.I.C.O. operazione Guardia di Finanza - amministrazioni pubbliche

Ma quando necessario, Contini sapeva essere sanguinario e spietato come molti altri personaggi di spicco del mondo criminale al quale era legato.

Dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, risulta che ‘O romano abbia incontrato il capo-clan del Rione Sanità, Giuseppe Misso, in due occasioni.

Tali incontri sono avvenuti in segreto e hanno avuto come obiettivo un accordo di non belligeranza, non solo tra i Contini e i Misso, ma anche tra quest’ ultimi e i loro storici nemici,ovvero i Licciardi, per i quali garantirono i Contini, mentre i Misso garantirono per i Mazzarella, storici nemici dei Contini per il controllo della zona adiacente alla stazione centrale.

Tale accordo di pace venne siglato dopo l’omicidio Prota avvenuto nel 2001. L’accordo avrebbe dovuto far cessare le sanguinose faide iniziate nel 1996.

Stando però a quanto riferì il collaboratore di giustizia Giuseppe Misso Junior, suo zio Peppe Misso, non avrebbe mai rispettato l’accordo, tale era la sete di vendetta nei confronti di Vincenzo Licciardi, reo di avergli assassinato la moglie Assunta Sarno. Lo stesso boss Giuseppe Misso, detto ‘O nason, confessò, durante un processo, che pur di arrivare a Vincenzo Licciardi, avrebbe mandato a monte l’alleanza con i clan che controllavano l’immediata periferia di Napoli.

ciro contini
Ciro Contini

Il clan Contini oggi

Considerato tra i più potenti clan di camorra attualmente attivi, può contare su un vero e proprio esercito formato da “fanti” (paranze dei bambini, soldati minorenni) e veterani, veri e propri sicari specializzati e addestrati, considerati anche dalle Forze dell’ordine, “macchine da guerra”.con interi quartieri roccaforte, arsenali bellici,e fondi economici notevoli, con alleati dislocati in zone strategiche fianco a fianco con i clan rivali.

Clan di camorra nella Municipalità 7, quartiere di S. Pietro a Patierno

A controllare S. Pietro a Patierno e alcune aree di Secondigliano è il clan Sacco-Bocchetti, in alleanza con il clan Lo Russo, clan Mallardo e gli Scissionisti di Secondigliano.

S. Pietro a Patierno
S. Pietro a Patierno

Il clan Sacco-Bocchetti, la storia

Il clan Sacco-Bocchetti venne fondato tra gli anni ‘90 e 2000 da Gennaro Sacco e Gaetano Bocchetti. L’alleanza tra il clan Sacco ed il clan Bocchetti, precisamente nata nel 1997, rischiò diverse volte di sciogliersi a causa delle scelte fatte da Gennaro Sacco, che secondo gli affiliati prendeva decisioni senza consultarsi con i fratelli Gaetano, Ciro, Vincenzo e Mario Bocchetti.

Il clan Sacco, prima si legò al clan Lo Russo di Secondigliano e agli Scissionisti di Scampia e poi al clan Moccia di Afragola e senza consultarsi con il clan Bocchetti, aveva l’intenzione di riallacciare i rapporti con Marco Mariano, da poco scarcerato e intenzionato a riprendere il potere sui Quartieri Spagnoli con Luigi Cimmino, anche lui da poco uscito dal carcere.

Con Gennaro Sacco, ai vertici del clan dal 1997, si stava abbandonando la tradizionale vicinanza alle famiglie dei Contini-Mallardo-Licciardi.

Questi comportamenti non venivano visti di buon grado dai Bocchetti che temevano di essere messi da parte, che il potere dei Sacco crescesse troppo e che quindi queste strategie potessero ledere i rapporti con gli storici alleati.

Il clan Sacco-Bocchetti oggi

Grazie alla mediazione di elementi ai vertici dei due gruppi, al consolidamento di nuovi accordi e all’entrata di soggetti di nuova generazione, oggi il clan opera in modo “armonico” per il controllo delle proprie zone.

Relazione Dia

Gli Operatori della Dia, sotto la direzione della Dda di Napoli, attraverso operazioni tuttora in corso, stanno contrastando con successo le attività di questi clan.

Con blitz e controlli a tappeto anche della guardia di finanza, molti degli affari illeciti di queste organizzazioni, sono stati sventati e bloccati, attraverso sequestri di beni mobili e immobili.

Altri duri colpi sono stati assestati bloccando molte delle infiltrazioni di questi gruppi negli appalti pubblici e nelle amministrazioni.

Lo “scacchiere” della camorra è troppo intricato e complesso per chiudere definitivamente la partita e in tempi brevi, ma al momento per ogni mossa della camorra c’è una contromossa dello Stato e questo rende il “gioco” molto più duro e difficile al mostro che vuole fagocitare la città pensando di rimanere impunito e libero di operare liberamente nell’ombra del crimine, pensando di essere intoccabile, di non essere seguito, osservato e fermato.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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