Cronaca

Napoli, poliziotto aggredito nel carcere di Secondigliano

Ennesimo episodio di violenza nel carcere di Secondigliano, a Napoli, dove questa mattina un poliziotto è stato aggredito da un detenuto che lo ha colpito con una testata. L’agente è stato refertato con una prognosi di 10 giorni in ospedale.

Napoli, poliziotto aggredito nel carcere di Secondigliano

Raffaele Munno, vicesegretario regionale per la Campania del SAPPE, ha spiegato il grave evento critico accaduto poche ore fa nella struttura detentiva di via Roma verso Scampia: “Questa mattina, nel Reparto ligure s/3 di Secondigliano, un detenuto proditoriamente ha dato una testata in faccia ad un poliziotto e gli ha fatto saltare un dente. Giunto in ospedale, gli sono stati refertati dieci giorni di prognosi. Il collega era preposto ed era andato in stanza con gli addetti alla manutenzione ordinaria fabbricati per fare cambiare delle luci ma questo detenuto, di Castellammare ed appartenente al clan d’Alessandro, lo ha colpito con violenza”.

Per Munno, “le carceri campane stanno vivendo ormai da tempo momenti di grande difficoltà nella gestione dei detenuti. Sono continue le aggressioni al Personale che si verificano senza che vi sia un intervento da parte degli organi superiori. E questo convince i detenuti, specie quelle più violenti, che possono fare quel che vogliono, restando impuniti. È una vergogna”.

Il commento di Donato Capece

“Ditemi voi se è normale un Paese nel quale un detenuto pensa bene di aggredire un poliziotto. Ma ci rendiamo conto? A questo senso di impunità, di cui larga parte della frangia violenta della popolazione detenuta è convinta di godere, devono assolutamente corrispondere provvedimenti penali e disciplinari efficaci, anche prevedendo di destinare carceri dismesse come l’Asinara e Pianosa per contenere quei ristretti che si rendono protagonisti di gravi eventi critici durante la detenzione”. Commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia.

Gestione fallimentare delle carceri campane

Capece mette sotto accusa la gestione delle carceri da parte dell’attuale Capo del DAP Giovanni Russo: “La sua gestione è fallimentare: non fa praticamente nulla, vive isolato dai “suoi” uomini e non sappiamo neppure che faccia abbia, essendo evidentemente allergico al confronto con i Sindacati. Non ci incontra e non fa nulla, quando invece dovrebbe intervenire con urgenza sulla gestione dei detenuti stranieri, dei malati psichiatrici, della riorganizzazione istituti, della riforma della media sicurezza. Si guarda bene dall’introdurre quelle necessarie ‘regole di ingaggio’ – chiare! – su cosa può fare la Polizia Penitenziaria in caso di rivolte ed eventi critici violenti prima. È sotto gli occhi di tutti, o meglio di chi vuole davvero vedere quel che succede nelle patrie galere, che sono aumentati ed aumentano gli episodi violenti: e con il regime penitenziario ‘aperto’ e la vigilanza dinamica, ossia con controlli ridotti della Polizia Penitenziaria, la situazione si è ulteriormente aggravata”.

Per questo, “invito Russo– che per essere Capo della Polizia Penitenziaria (!) percepisce una lauta e corposa indennità economica oltre allo stipendio – ad andare, lui e i vari dirigenti dell’Amministrazione Penitenziaria, in carcere chi lo vive 24 ore su 24, 365 giorni, tra le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. Corpo di Polizia a cui appartengono donne e uomini che pressoché quotidianamente hanno a che fare con detenuti che mettono a repentaglio l’ordine e la sicurezza della sezione detentiva, che si confrontano a detenuti con in mano una o più lamette intrise di sangue, o con una padella piena di olio bollente tra le mani pronta per essere buttata in faccia all’operatore, o con un piede di tavolino in mano pronto ad essere scagliato contro un poliziotto”.

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