Cronaca

Segregata in casa per dieci anni: si salva grazie ad un messaggio disperato su Instagram

In realtà si è salvata da sola a soli 10 anni ha dimostrato sangue freddo e una padronanza dei sistemi tecnologici davvero notevoli. La bambina nel napoletano ha inviato quel messaggio disperato dal tablet, sfruttando un profilo Instagram da lei stessa creato per chiedere aiuto. La piccola era segregata e maltrattata da alcuni connazionali della mamma.

Segregata in casa per dieci anni, salvata da Instagram

Nata a Modena da genitori ghanesi, nessun permesso di soggiorno, si era trasferita in provincia di Napoli prima di essere portata via, un pomeriggio di quattro mesi fa, dalla madre naturale che voleva sottrarla – contro la sua volontà – ai genitori affidatari italiani. Dall’hinterland napoletano al Land tedesco Renania-Vestfalia. Tenuta nascosta, in pratica segregata, dallo scorso gennaio in una casetta di Oberhausen, tra Dusseldorf e Colonia.

Un intrigo internazionale: la piccola ha inviato quel messaggio disperato dal tablet, sfruttando un profilo Instagram da lei stessa creato per chiedere aiuto. A 10 anni ha trovato il coraggio di ribellarsi ai maltrattamenti subìti da alcuni connazionali della mamma. Senza soldi, di fatto tenuta reclusa in Germania. Lasciata per intere giornate sola o in compagnia di uomini che, in passato, l’avrebbero anche picchiata. La bambina non doveva avere contatti con il mondo esterno: nessun telefono nè pc nè cellulare. Tranne un tablet, privo di scheda telefonica per impedirle di accedere ai social network.

La piccola, però, non s’è persa d’animo: di nascosto ha attivato il wi-fi, sfruttando una connessione libera priva di password di un vicino ristorante e ha chiesto l’aiuto dei carabinieri, inviando un messaggio all’assistente sociale di un Comune nell’area flegrea della provincia di Napoli. Si fidava solo di lei, che da anni segue il suo caso dopo che era stata affidata, senza alcuna autorizzazione, dalla madre naturale a una coppia italiana.

L’assistente sociale guida la bambina verso la polizia. Prima le chiede di attivare il geolocalizzatore e quando il cellulare aggancia la cella del distretto di Oberhausen, in Vestfalia, la rincuora e la invita a restare calma e aspettare. Nel frattempo, allerta la procura dei minori presso il tribunale di Napoli, con l’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Ettore La Ragione, chiama il distretto di polizia di Oberhausen e l’ufficio protezione infanzia del Rathaus tedesco.

La fuga

Il giorno dopo la bambina si ritrova sola in casa: stavolta l’uomo che era con lei dimentica di chiudere a chiave la porta di ingresso. Una dimenticanza che diventa l’ancora di salvezza per la piccola, che manda subito un Sos via web all’assistente sociale e le dice: «Sono scappata. Aiutami a cercare la polizia». Dall’Italia, sfruttando Google maps e i punti di riferimento che la bambina man mano le indica in chat, si riesce a capire che si trova a 800 metri dal distretto di polizia. La piccola non parla tedesco nè inglese, ma perfettamente l’italiano perchè frequenta la quinta elementare di una scuola pubblica. A un tratto la connessione wi-fi per oltre mezz’ora si interrompe. L’assistente sociale dall’Italia chiama, in preda all’ansia, la centrale di polizia e in un tedesco stentato riesce a spiegare quanto sta accadendo: mentre è al telefono, uno dei poliziotti le dice che sta entrando una bambina, di colore, con un tablet tra le mani. La bambina è salva, affidata a un centro tedesco di protezione per minori, mentre della madre si perdono le tracce. Nel frattempo inizia una triangolazione tra procura dei minori, ministero di grazia e giustizia italiano, autorità federale di Bonn e le rispettive ambasciate.

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