Inchiesta

Camorra a Napoli: le zone | Municipalità 8, Piscinola, Marianella, Chiaiano e Scampia 

Secondo i dati restituiti dall’ultima relazione Dia 2023, i clan di camorra attivi nella zona della Municipalità 8, dei quartieri Piscinola, Marianella, Chiaiano e Scampia di Napoli sono egemoni gruppi, che anche se più volte decimati dalle Forze dello Stato e da conflitti interni,  sono tornati in auge con la stessa ferocia e fame di potere.

I clan di camorra differiscono da tutte le altre organizzazioni mafiose per come sono strutturati, ovvero, “uno vale uno”. Non c’è una piramide, ma il “Sistema”, così anche noto, è a forma di ragnatela, indipendente, con la facoltà, a secondo degli interessi, di formare alleanze con ogni altra forma di mafia e criminalità, nazionale e internazionale.

Altra peculiarità della camorra è il ruolo della donna all’interno dei clan, che non è secondario a quello dell’uomo, ma che spesso detiene il potere decisionale, amministrativo, economico, strategico, nonché di azione militare.

Le donne riscuotono tangenti, decidono alleanze e non sono rari agguati eseguiti da quelle che sono note come lady killer, quali mogli dei boss, figlie e affiliate dei clan.

La stampa, ne racconta le vicende di cronaca; gli organi investigativi, i profili criminologici. L’inchiesta, ne mette insieme le informazioni e ne ripercorre i fatti.

Il resoconto che segue riguarda la Municipalità 8, Piscinola, Marianella, Chiaiano e Scampia di Napoli, aree contese da diversi clan, alleati e nemici.

Camorra a Napoli, le zone, Municipalità 8, Piscinola, Marianella, Chiaiano e Scampia

Clan di camorra nella Municipalità 8, quartiere di Piscinola

Nel quartiere di Piscinola, Marianella e Chiaiano, nell’area nord di Napoli, il clan egemone è quello degli Stabile, sostenuto dal clan Licciardi.

Nonostante negli ultimi periodi nuove leve eversive hanno dimostrato la volontà di imporre la propria presenza sul territorio, i gruppi storici presenti in quei quartieri hanno potuto contare  su affiliati e alleanze ben più potenti e organizzate.

Murales Maradona di Jorit
Murales Maradona di Jorit

Clan Stabile: la storia

Il clan Stabile venne fondato negli anni ’90 da Gaetano Stabile ‘O Capellon e Ciro Stabile, da poco ritornato in libertà, esponente cardine del clan e braccio destro di Antonio Bardellino su Napoli.

Il clan si è comportato come un gruppo fantasma, un’organizzazione che sembrava non esistere.

Invece era vivo e vegeto e soprattutto più attivo che mai. Il clan Stabile di Piscinola e Chiaiano, un gruppo che in pochi conoscevano ma che tornò a rappresentare una delle realtà più influenti dell’area nord di Napoli. Un clan che riuscì a risorgere dalle proprie ceneri e a divenire nuovamente una potenza criminale e prestigiosa. Gaetano Stabile divenne famoso negli anni ‘90 per l’uso di strumenti di tortura per costringere all’obbedienza i “guaglioni” della camorra ma anche i nemici. Garrotte spagnole, micidiali pinze legate a lacci di ferro per torcerle intorno ai polsi e alle braccia dei gregari negligenti, o di quelli furbi. In alcune circostanze la Polizia di Stato scoprì più volte le stanze delle torture del clan dei “capelloni”. Quando su Miano e dintorni il clan Lo Russo venne decimato e le famiglie eredi dei capitoni faticavano a trovare un proprio assetto ecco che il nome dei capelloni tornò nuovamente in auge. Un clan solido e compatto, che si muoveva nell’ombra ma che incuteva rispetto e timore. Tanto era divenuto possente il clan che anche Carlo Lo Russo, prima di essere arrestato con conseguente pentimento, aveva provato ad uccidere Ciro Stabile. In una delle intercettazioni ambientali nella sua abitazione di via Janfolla gli Operatore dell’Arma dei Carabinieri del Vomero avevano piazzato abilmente dispositivi di intercettazione e ascoltarono una conservazione nella quale veniva detto:

“Questo dopo 18 anni è uscito anche, hai visto? Ciro Stabile, adesso si nasconde, sarà un’ impresa prenderlo, questo, non si fa acchiappare!”.

Il boss parlando con la moglie spiegava di aver coinvolto anche i Licciardi della Masseria Cardone attraverso Renato Esposito uomo di fiducia del clan di Secondigliano:

“Sono andato a cercarlo per questo motivo!”.

Esposito avrebbe garantito ai Lo Russo tutto l’impegno del clan attraverso Mario ‘A Scigna.

“Per fargli un regalo, stamattina ho mandato Giulio da quelli della Masseria Cardone, da questo Renato che ora è uscito.

Carlucciello ti manda un bacio con una imbasciata:

“È uscito questo di Marianella è un nemico suo giurato, chiunque lo appoggia e un nemico suo personale!”

E quello ha detto:

“Diccelo a Carlucciello se lo prendiamo prima noi, glielo facciamo noi il favore, noi lo possiamo appoggiare. Il nostro compagno è lui”.

Poi Anna Serino, la moglie di Carlo Lo Russo, dopo aver ascoltato il racconto del marito con voce ferma e decisa replicò: “Lo devi uccidere!”.

Il clan Stabile oggi

Il clan Stabile oggi è in totale attività, con solidi accordi di reciproco sostegno con il clan Licciardi e fiancheggiatori.

Grazie a nuove leve e affiliati ha riconquistato zone e potere, con diverse “teste di ponte” nei diversi quartieri della Municipalità 8.

Piazze di spaccio, ma soprattutto nuovi interessi economici garantiscono al gruppo notevoli introiti.

Infiltrazioni nelle pubbliche amministrazioni, negli appalti pubblici, la gestione di sale da gioco e le tangenti alle attività commerciali fanno in modo di poter gestire e riciclare enormi quantità di denaro.Inoltre, non bisogna dimenticare che il punto forte del clan la preparazione “militare”, fedelissimi esperti sicari, addestrati, pronti a tutto e senza limiti di armamenti.

Clan di camorra nella Municipalità 8, quartiere Marianella

Il clan di camorra egemone nel quartiere Marianella è il clan Lo Russo, ovviamente bisogna sottolineare il gruppo è stato nell’arco degli anni decimato dagli interventi delle Forze dell’Ordine e che ha lasciato aree divenute terre di nessuno, quartieri e piazze di conflitto per tutti i clan che bramavano il dominio.

Miano, Piscinola, Marianella e altre zone limitrofe, all’indebolimento del clan Lo Russo sono diventate le piazze più “incandescenti” di queste aree.

Sono molti i clan che si sono scontrati e diverse le faide per il controllo.

Il clan dei Nuovi Giuliano, i tentacoli dei gruppi Mazzarella, i Sibillo, il clan Cimmino, molti dei gruppi dell’Alleanza di Secondigliano, clan Saltalamacchia, clan Elia, clan Contini e diversi altri.

Come un organo in vita, che pulsa, ad ogni contrazione, un clan faceva la propria “scesa”, alcuni sono rimasti per qualche tempo ed altri si ritiravano, per poi ricominciare il ciclo.

Tuttora, non è zona definibile, non è possibile dire chi detiene un controllo stabile dell’area.

Restano i Lo Russo con i fedelissimi e pochi altri a lottare con i denti, ma a fasi alterne e per tempi indefiniti.

Dia operazioni e controlli - cantieri - appalti pubblici

Il clan Lo Russo la storia

I fratelli Salvatore, Vincenzo e Giuseppe Lo Russo, fecero la loro entrata nello scenario criminale napoletano verso la fine degli anni ‘60, formando il clan Lo Russo, noto anche come “I Capitoni”.

Iniziarono con il racket, il traffico di armi, il traffico e lo spaccio di droga, il riciclaggio di denaro e soprattutto gli omicidi, avendo nel loro gruppo killer molto abili e ben equipaggiati.

Negli anni ‘80 ci fu una sanguinosa guerra tra la Nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo e la Fratellanza napoletana, quest’ ultima, una coalizione di clan dei quali Lo Russo erano tra i capi, insieme ai Giuliano, Luigi Vollaro, il clan Licciardi, il clan Mallardo, Giovanni Paesano, Antonio Giaccio detto “Scialò”, il clan Di Lauro e Nunzio Bocchetti.

Quella che fu una vera e propria guerra, che fece quasi 3.000 morti da ambo le parti, alla fine vide sconfitta la Nco di Raffaele Cutolo, ma anche la Fratellanza napoletana, conosciuta anche come “Nuova famiglia”, non ebbe lunga vita, nonostante la vittoria.

Infatti, la Fratellanza napoletana fu pensata come un’alleanza esclusivamente per contrastare la potentissima organizzazione Nco di Cutolo, eliminato il nemico, quasi non aveva ragione di esistere, o per lo meno, molti clan, o perché avevano le stesse zone come obiettivi di conquista, o perché avevano idee e interessi diversi, si videro quasi opposti e ostili tra di loro, anzi ci furono anche degli scontri.

Anche se per un breve periodo, Cutolo, riuscì ad essere un incontrastato e unico capo, di un vero e proprio impero, vasto e potente.

Controlli a Marianella
Controlli a Marianella

Con la caduta de “O Professore”, come veniva spesso chiamato, tutti i clan che presero parte a quella alleanza e che solo per opporsi a lui si unirono, infine si divisero e ognuno riprese la propria posizione, compreso i “Capitoni”.

Tra gli anni ’80 e‘ 90 il mercato illecito cambiò radicalmente, il contrabbando delle sigarette resisteva, ma aveva fatto il suo tempo, adesso c’erano cocaina, eroina e droghe sintetiche ad essere l’oro delle piazze di spaccio.

Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo o milionario”, soprannome datogli da Luigi Giuliano, entrambi appartenenti alla ormai disgregata Fratellanza napoletana, aveva intuito e proposto a diversi suoi conoscenti capoclan il potenziale strategico e logistico che Secondigliano, Scampia e zone limitrofe offrivano per poter creare una nuova e fruttuosa area di spaccio.

Paolo Di Lauro, personaggio che ha anche ispirato la fortunata e famosa serie Tv Gomorra, non trovò molti clan dei suoi vecchi compagni ad avallare la sua idea, ma riuscì comunque a mettere insieme diversi fidati gruppi e una rete, “0 Sistema”, più che solida ed efficiente per creare quella che successivamente divenne la piazza di spaccio più grande d’Europa, con introiti di miliardi di euro.

Le strutture costruite dopo il terremoto, le cosiddette “Vele” e tutti i palazzi di quelle zone si prestavano ad essere utilizzate come vere e proprie roccaforti, all’interno pieni di cunicoli e reticolati, un labirinto per chi non vi abitava o “lavorava”.

Infatti, questi palazzi presi con la forza dai clan e gestiti come “industrie” per lo spaccio, addirittura modificavano i percorsi per le entrate e le uscite, fortificavano portoni e cancelli, gestivano anche gli alloggi dandoli in dotazione ai pusher, alle famiglie di copertura.

Non raramente sono stati ritrovati canali sotterranei di fuga scavati appositamente, utilizzati anche per rifornire di “materie prime” o per lo spostamento di armi.

Essendo un labirinto per lo spaccio, con tanto di postazioni per le vedette, e avendo diverse, veloci e grandi via di fuga, che circondavano le zone, come varianti e autostrade, per anni, per le Forze dell’Ordine è stato un vero incubo fare irruzioni, incursioni e blitz.

Anche se i Vigili del Fuoco smantellavano rinforzi o sbarramenti, il giorno dopo erano di nuovo lì.

Questo modus operandi per anni ha fruttato un impero economico ai Di Lauro e ai clan a loro associati, compreso ai Lo Russo.

Venerdì 16 settembre 2005, poco dopo le sei di mattina, una ventina di Carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale) circondarono l’edificio situato “in mezzo all’arco”, la stradina che si trova in via Cupa dell’Arco a Secondigliano, arrestarono il boss Paolo Di Lauro e da quel momento quello che era stato un impero, iniziò lentamente a sgretolarsi.

Con “Ciruzz ‘o milionario” in carcere, il comando del “Sistema” passò in mano al figlio Cosimo Di Lauro, che, però, apportò notevoli modifiche a quello che aveva costruito il padre.

Iniziò, con il rimpiazzare alcuni capi piazza, le modalità di pagamenti e le divisione dei proventi, rimpiazzò con nuove leve, secondo Cosimo più affidabili, i ruoli che invece il padre Paolo aveva assegnato ad “anziani” e consolidati soci e amici di vecchia data.

Ovviamente questa mossa creò non semplici malumori, ma una vera e propria faida, la nota “Faida di Secondigliano”, tra i Di Lauro e quella fazione che si formò e che prese il nome di “Scissionisti”.

In questa faida i morti furono non pochi e moltissimi di giovane età, i Lo Russo cercarono di mediare e organizzarono in un loro bunker segreto una trattativa tra i capi di entrambi i gruppi.

La trattativa organizzata dai Lo Russo non fu facile, durò più di 8 mesi e vide diversi momenti di alta tensione nei quali I Capitoni fecero da moderatori e addirittura da pacieri in alcuni casi.

Purtroppo non tutto andò come previsto, tra doppi giochi e tradimenti, la Faida prosegui e vide i Di Lauro completamente decapitati, sia da i conflitti interni e sia dai diversi blitz portati a segno dalle Forze dell’Ordine che arrestarono quasi tutti i capi del “Sistema”.

Oggi quasi tutti i Di Lauro e accoliti sono in carcere e collaboratori di giustizia, con pochi ras ancora in libertà.

I Lo Russo, chiamati un po’ in modo offensivo, “I capitoni”, perché considerati doppiogiochisti e approfittatori, dopo essere stati uno dei clan più potenti e temuti per il loro potenziale, sia in ambito “militare”, con la loro schiera di killer esperti, irreprensibili, versatili, dediti e spietati e le loro strategie di mediazione e a creare alleanze, sono sempre stati considerati tra i clan da non sottovalutare e per un periodo capi indiscussi delle loro zone di controllo.

A seguito dei duri colpi subiti dalle Forze dello Stato che hanno decapitato il clan e di diverse divisioni interne al gruppo, i Lo Russo hanno visto la decadenza e lo smembramento del loro storico clan, clan che ha partecipato a diverse guerre di camorra, alle Faide e che in un modo, o nell’altro è stato parte della storia della camorra napoletana.

Ma non tutto finì, dopo la Faida di Secondigliano, i ras e le nuove leve de “I Capitoni” decisero di aderire al nuovo e potente cartello nascente, patto tra diversi clan che prese il nome di “Alleanza di Secondigliano”.

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Il clan Lo Russo oggi

Oggi il nuovo potente gruppo che gestisce quasi tutta la parte nord di Napoli e provincia, ovvero l’Alleanza di Secondigliano, è costituito da diversi e potenti clan.

Nonostante tutti i vecchi “Capibastone” dei Lo Russo, siano in carcere e siano diventati collaboratori di Giustizia, la stirpe de “I Capitoni” persiste, con i suoi ras, nuovi affiliati ed eredi del clan che come capi paranze gestiscono diverse zone e appartengono a diverse alleanze.

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Clan di camorra nella Municipalità 8, quartiere Chiaiano

Il clan di camorra egemone nel quartiere di Chiaiano è quello dei

Frizziero monopolizzarono, in silenzio, gli affari illeciti dagli anni ‘80, le informative delle Forze dell’Ordine che elencavano, quartiere per quartiere, le organizzazioni ostili alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. De Frizziero si descrive che più che un clan, è un agguerrito sodalizio familiare, tant’è che nella vita e nella gestione del gruppo, giunto, ormai, alla terza generazione, vennero coinvolti tutti i parenti, pure minorenni, e finanche la nonna dei capi, che aveva al  suo attivo un arresto per la detenzione di una pistola, in casa. Una pistola, evidentemente, della quale si servivano i nipoti.

Il clan venne fondato dal matrimonio tra Adele Frizziero e Giovanni Alfano, padrino del Vomero, hanno raccontato diversi collaboratori di giustizia, tra i quali Rosario Privato e Bruno Rossi, che tra l’altro si autoaccusò dell’omicidio di Alvino Frizziero. Gli affari che controllavano erano molteplici e remunerativi, oltre alla vendita di sostanze stupefacenti, il racket delle estorsioni, dove erano costrette a pagare non soltanto attività commerciali e imprese, ma anche i venditori ambulanti del mercatino del weekend, c’era anche l’usura e il gioco clandestino. I metodi per convincere le vittime ad assecondare le loro richieste erano brutali. Il 2 maggio del 2006, ad esempio, un estorsore del clan si presentò nel negozio di abbigliamento “Caruso”, che si trova alla Torretta, e di fronte ai tentativi del titolare di ritardare il pagamento di una maxi-tangente da 25 mila euro, lo afferrò per il collo e gli svuotò addosso una intera bottiglia di plastica contenente benzina, aggiungendo:

 “Allora non avete capito niente, dovete preparare i soldi che vi abbiamo chiesto, se non lo fate la prossima volta che torniamo vi spariamo proprio”.

Case Popolari a Chiaiano
Case Popolari a Chiaiano

L’aria di omertà e di violenza che si respirava in zona e i rapporti con il clan Alfano, negli anni, consolidarono  il potere criminale del gruppo, che non esitò a mettere in pratica, sul proprio territorio, atti di vero e proprio terrorismo. Racconta il pentito Rosario Privato, a proposito della faida in atto alla Torretta tra il vecchio gruppo di Mario Dello Russo e i Frizziero, un attentato fu effettuato nel 1991 quando Antonio Caiazzo e Gennaro Formigli avevano collocato nell’auto di Peppe ’A Viola, Giuseppe Ceglia, appartenente al clan rivale, una bomba. La notte fu collocata la bomba ed il pomeriggio successivo Giovanni Alfano, a bordo di un’autovettura nella quale si trovava con Alessandro Desio, premette il pulsante del telecomando che fece esplodere l’autovettura alla Torretta. Peppe ’A Viola saltò in aria con tutta la macchina ma rimase solo ferito.

Per un certo periodo lo stesso boss Alfano si trasferì alla Torretta per seguire meglio gli affari illeciti. E fu sancora Privato a descrivere quegli anni, quando Alfano escì dal carcere, venne sottoposto agli arresti domiciliari e in virtù del fatto che noi avevamo una rottura interna, Alfano si fece trasferire il domicilio degli arresti domiciliari a vico Piedigrotta, scendemmo alla Torretta perché avevamo questa rottura, io andai ad abitare alla Torretta dopo che uscì Alfano e dopo qualche mese, forse un mese e mezzo, andai ad abitare alla Torretta in virtù del fatto che mi era stata notificata la carta precettiva, quindi dovevo recarmi al Commissariato una volta alla settimana per andare a firmare. Essendoci una scontro in atto tra il clan Alfano e il clan Caiazzo, non mi sentivo sicuro a recarmi alla questura del Vomero, quindi spostai il mio domicilio alla Torretta, anche perché poi Alfano era uscito dal carcere, quindi stavamo vicini e lui mi procurò questa abitazione, la quale proprietaria, mi sembra, facesse di cognome Trace, ora non lo ricordo bene, ma era un’amica di famiglia di Alfano, mi ricordo che demmo 5 mila euro alla signora per lasciare la casa. I Frizziero, proseguì Raffaele Marino, autore delle inchieste che portarono alla decimazione  del clan, erano  in rapporti di collaborazione con molte altre organizzazioni della città, il clan Di Biasi, ad esempio, e il clan Terracciano dei Quartieri Spagnoli. Il motivo era semplice, a Mergellina e nel quartiere di Chiaia convogliano gli interessi di quasi tutti i clan più importanti della città, i Misso, i Giuliano, i Sarno, attirate dai guadagni assicurati dalla gestione dei pontili turistici e dal racket degli ormeggi.

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DIA

La contrapposizione con l’Alleanza di Secondigliano, di cui per un periodo è stato referente Rosario Piccirillo, soprannominato ’O Biondo, era particolarmente feroce, dal momento che i Frizziero riuscirono a infiltrarsi anche a Fuorigrotta, che diventò una sorta di seconda base operativa del gruppo. Come, peraltro, confermò il collaboratore di giustizia Massimo Di Stasio ai pm Antimafia:

“Ricordo di avere accompagnato una volta Fausto Frizziero a Fuorigrotta, sotto a un palazzo situato in quella strada posta sulla destra non appena si esce dalla grotta,  era una strada che aveva dei paletti. Lì Fausto Frizziero andò a prendere della cocaina. La droga veniva spacciata alla Torretta da un ragazzo soprannominato ’O Bliz che stava alla Torretta e da un altro ragazzo che aveva un negozio di fruttivendolo alla fine del Corso V. Emanuele, di fronte alla stazione della Metropolitana di Mergellina. Non ricordo il nome di questo ragazzo, ricordo però che il negozio di frutta era del suocero.  Nell’occasione in cui io mi recai a Fuorigrotta ad accompagnare Frizziero Fausto a prendere la cocaina ebbi in regalo da lui 2-3 grammi di cocaina per mio uso personale. Anche in altre occasioni ho avuto da loro, in regalo, piccoli quantitativi di cocaina in quanto loro erano sempre forniti e ne facevano anche uso.

Dopo un quarto di secolo di soffocante potere criminale, il clan Frizziero è stato solo decimato, le inchieste della Dda di Napoli hanno portato in carcere molti degli esponenti di maggiore spicco, alcuni dei quali hanno incassato severissime sentenze di condanna per gravi reati.

Il clan Frizziero oggi

Il clan Frizziero nel corso degli anni ha subito duri colpi dagli interventi delle Forze dello Stato, ma bisogna sottolineare che è uno di quei clan che appartiene alla “macchia indelebile criminale” di Napoli, con mille sostenitori, avamposti e fedelissimi in tutta la città.

È stato scalfito da attacchi della magistratura, da lotte interne, eppure è tuttora uno dei clan più potenti e presenti in alcune aree.

Ha una lunga storia di guerre, faide, alle spalle e una famiglia vasta e variegata con affiliati più che fedeli, soldati esperti e strategie consolidate da quasi un secolo di attività criminale.

Difficile mettere la parola fine alla storia di questo clan.

Nuove leve e cambi generazionali ai vertici ne garantiscono la permanenza sulle aree di loro interesse.

Clan di camorra nella Municipalità 8, quartiere Scampia

I clan egemoni a Scampia sono diversi, ma potremmo dire quasi tutti clan da riunire nel cartello che formano l’Alleanza di Secondigliano.

Clan Di Lauro, clan Contini,  clan Lo Russo, clan Rinaldi, clan Abate, clan De Luca Bossa, Clan Cimmino, clan Aprea-Cuccaro, ,Ndrina Commisso.

Scampia e secondigliano sono le piazze di spaccio a cielo aperto più grandi d’Europa e secondo alcune statistiche per alcuni versi forse del mondo.

Scampia
Scampia

Quest’area per la camorra sono delle miniere d’oro. Attorno alle strutture dello spaccio si sono create dei bunker delle roccaforti, delle invalicabili barriere architettoniche impossibili da smantellare nel tempo che occorre per fare irruzione alle Forze dell’Ordine. È il castello d’oro del mercato di droga, con vie di fuga rapidissime da imboccare e non è tutto, il sistema di soldati a guardia del forte è conosce nei minimi particolari vie di fuga e metodi di ostruzione alle incursioni delle Forze dello Stato.

Dalla Dda e dalla Dia quelle aree sono denominate “l’incubo del Poliziotto, il labirinto buio”, è facilissimo perdersi in quei cunicoli e nelle false stanze create ad hoc per disorientare chi non ha confidenza con quei palazzi e quelle strade.

Il clan Di Lauro: la storia

Paolo Di Lauro venne abbandonato alla nascita dai genitori biologici e adottato da una umile famiglia di Secondigliano, quartiere della periferia napoletana. Data la difficile condizione economica della famiglia adottiva, iniziò a lavorare molto presto vendendo capi di abbigliamento, stoffe e tessuti, merce di pessima qualità e di dubbia provenienza, spesso rubata.

Cosimo Di Lauro
Cosimo Di Lauro

Iniziò come mercante ambulante e così si guadagnava da vivere, facendo quello che in dialetto napoletano si dice “magliaro”, venditore ambulante. Paolo Di Lauro non aveva nessuna intenzione di continuare come venditore ambulante per tutta la vita e non gli importava come, ma voleva fare affare molto più remunerativi, cambiare stile e fare soldi, tanti soldi, anche se avesse dovuto uccidere per farli.

Conobbe Aniello La Monica, che per un periodo fu considerato uno dei boss di camorra più sanguinari. A Napoli era frequente l’omicidio, ma Aniello La Monica per distinguersi, aveva un suo modo di farlo, di uccidere. Lavorando come macellaio e per intimidire gli abitanti del quartiere, o anche i nemici, quando uccideva, lo faceva in un modo particolare, potremmo dire apponendo una macabra “firma”, strappava letteralmente il cuore alle sue vittime. Per questo motivo si guadagnò il soprannome di “Anielluccio o pazz”, Aniello il pazzo. All’età di 20 anni Paolo Di Lauro entrò a far parte del clan La Monica. Luigi Giugliano boss del clan di Forcella, una sera, dopo una partita a poker, per un bizzarro accadimento, scherzosamente chiamò Paolo Di Lauro “Ciruzzo ‘o Milionaro” Ciro il ricco.

Dal quel giorno, per tutti, Paolo Di Lauro, divenne Ciruzz ‘o Milionaro. Di Lauro sapeva gestire molto bene i soldi e in poco tempo nel clan La Monica assunse il ruolo di maggior fiducia in gruppo criminale, quello di contabile e diventò uno dei più stretti collaboratori di Aniello La Monica. Il gruppo La Monica faceva i suoi soldi con diverse attività illecite. A tutte le imprese impone dove prendere materiali come il calcestruzzo, manodopera, pretendeva dalle aziende dove noleggiare i mezzi per lavorare e su tutti i lavori pubblici della zona il clan estorceva una tariffa fissa del 5%, faceva estorsioni a tutte le attività lavorative, negozianti e soprattutto il contrabbando di sigarette.

All’inizio degli anni 80”, sul mercato stava arrivando la merce più redditizia di tutte quelle fino ad allora immaginate, l’eroina. Addirittura il livello di eroinomani in Italia, in quegli anni, era superiore a quella degli Stati Uniti.

Scampia e Secondigliano erano considerate le zone più ostiche, le peggiori che si potevano controllare, per l’assenza di ristoranti, bar, negozi. la presenza di sfollati del terremoto e l’edilizia popolare. Quindi, nulla dal quale estorcere denaro.

Ma Paolo Di Lauro ebbe un’intuizione. Napoli era piena di vicoli, stretti, invece Scampia era piena di spazio, dove si potevano aprire enormi piazze di spaccio, con infinite vie di fuga e possibilità di controllo. Aniello La Monica non credette a questo nuovo business, preferì continuare con i soliti vecchi affari.

Paolo Di Lauro, però, a questo punto, per realizzare questo suo nuovo mercato aveva un unico modo. Doveva liberarsi di Aniello La Monica; e per farlo doveva prima guadagnarsi il consenso degli altri affiliati. Allora, iniziò a mettere in giro la voce che Anielluzzo o pazz stava tenendo per sé somme di denaro superiori a quelle concordate; e queste voci insieme al carattere violento e difficile di La Monica, che non era neanche ben visto dai suoi stessi affiliati, a Di Lauro creò le condizioni favorevoli per spodestarlo, o almeno indebolirlo. Ma La Monica intuì che Ciruzzo ‘o Milionario stava tramando qualcosa e organizzava un agguato nei suoi confronti.

Una sera, nella zona che si chiama “Miezz a l’arc”, perché c’è una piazza con un arco, Di Lauro e un suo affiliato erano fermi in macchina e un gruppo di fuoco di La Monica arrivò, sparò, ma mancarono Polo Di Lauro e ferirono l’altro uomo.

La Monica si precipitò da loro e iniziò una sceneggiata chiedendo chi fosse stato, sono stati i nostri nemici, adesso gliela facciamo pagare, ci vendichiamo e via dicendo. Di Lauro comprese subito che quella scena era la prova del tradimento di La Monica e che era stato proprio lui a mandare i sicari; e che non doveva perdere tempo.

Sabato 1° maggio 1982, Paolo Di Lauro e altri due affiliati, in auto, andarono sotto casa di La Monica, citofonarono e con una scusa gli dissero di scendere per proporgli un affare.

Anielluzzo o pazzo come uscì dal portone di casa sua, venne investito dall’auto di Paolo Di Lauro, poi, i tre scesero e spararono per completare l’opera.

Tolto di mezzo il boss La Monica, il comando passò a Paolo Di Lauro. A differenza di La Monica, Di Lauro sapeva che per fare bene gli affari, per diventare davvero potente e rimanere al sicuro, doveva rendersi invisibile,  sparire dalla circolazione. Infatti, Paolo Di Lauro diventò il boss fantasma, pochissimi e fedelissimi affiliati conoscevano il suo volto, non aveva nessun contatto diretto con nessuno e creò un vero e proprio impero della droga. Il boss Paolo Di Lauro diventò uno dei capi criminali più potenti del mondo.

Creò un vero e proprio “Sistema” a ragnatela, eliminando tutti gli intermediari per il commercio dell’eroina prima, poi dell’hashish e della marjuana, del maxi  affare della cocaina e infine delle droghe sintetiche.

Creò una rete di uomini ognuno con il proprio ruolo, con la propria quota, un vero è proprio esercito formato da migliaia di persone. C’erano affiliati, sicari professionisti, guarda piazze, vedette, pusher e così via.

Ogni figura aveva il suo guadagno, un sicario da 2 mila euro ai 3 mila euro; un capo piazza da 15 mila euro a 30 mila  euro e altri ancora.

Paolo Di Lauro ebbe dieci figli e tutti maschi e applicò delle politiche che agli occhi degli abitanti di Secondigliano e Scampia lo facevano apparire come un benefattore. Nelle sue zone non ci devono essere disordini, nulla che poteva attirare l’attenzione e la presenza della Polizia. Non chiedeva il pizzo ai commercianti, solo gli imprenditori dovevano pagare una quota fissa su ogni appalto. Le sue sostanze, la cocaina, l’eroina e altro, dovevano essere di ottima qualità e dovevano costare la metà di quelle della concorrenza. Inoltre, organizzò una rete di vedette per fare in modo che le piazze, i palazzi fossero sotto controllo e attive 24 ore su 24 e protette, ovvero fare sentire al sicuro chi vendeva e anche chi comprava la droga. Ogni palazzo aveva le sue sostanze, c’era il palazzo della marjuana, quello della cocaina, c’erano i contabili, gli addetti a nascondere la droga e le armi, Tutti i palazzi venivano dotati di portoni blindati e cancellate per rendere complesse e faticose le irruzioni della Polizia. Ogni giorno Le Forze dell’Ordine le smantellavano e ogni giorno venivano rimontate. Insomma, Paolo Di Lauro creò una macchina perfetta dello spaccio e del traffico di stupefacenti, sicura ed efficiente. Venivano da tutta Italia a fare carichi e “provviste”, non solo dalle province. E lui era considerato un re e i suoi figli principi, con un impero di miliardi di euro. Iniziò ad investire in attività commerciali legali, Negozi all’estero, imprese, aziende, la sua ragnatela raggiunse i vertici più alti dell’economia e della politica, nazionale e internazionale, facendo alleanze e sodalizi con società e imprenditori di tutti i tipi e in tutto il mondo.

Tutto era perfetto e procedeva perfettamente fino a quando una serie di incidenti e conflitti sia interni al meccanismo criminale, sia voluti dalla sorte non diedero inizio al decadimento e ad una lenta discesa, almeno dalle vette del mondo criminale che riuscì a creare.

Uno dei suoi figli più piccoli, di 13 anni, per una bravata a scuola finì per far pestare il proprio insegnante da alcuni suoi amici e la Polizia convocò Paolo Di Lauro per dei controlli e delle conseguenti denunce. Da questo momento iniziò una serie di eventi che lo condussero prima alla latitanza e infine all’arresto.

Infatti, dopo la sua convocazione in Polizia, da alcune intercettazioni eseguite su utenze di suoi affiliati venne fuori un nome, o meglio la Polizia collegò questo nome di copertura a Paolo Di Lauro e il vaso di Pandora si scoperchiò, costringendolo alla latitanza.

Poi seguì la faida con uno dei suoi clan accoliti, Claudio Ruocco; e in agguato ai danni dei Di Lauro al bar di riferimento del clan, dove erano con altri affiliati il suo braccio destro e caro amico Francesco Giannino, questi venne colpito a morte insieme ad altri membri.

Un’altro dei figli di Paolo Di Lauro morì in un incidente con la motocicletta e lui essendo latitante non poté nemmeno andare ai funerali.

Infine, domenica 18 settembre 2005, venne portato in arresto dai Ros dell’Arma dei Carabinieri mentre era ospite presso una modestissima famiglia, sia perché le persone che abitano in quella casa erano  già attenzionate e intercettate dall’Arma, sia perché ci fu anche l’intervento di alcune informazioni del Sisde.

Così il comando passò ad uno dei figli di Di Lauro, che però, apportò dei cambiamenti radicali al “Sistema” e scatenò la guerra tra quasi tutti i clan. Scissionisti e Di Lauro.

Dopo Paolo Di Lauro il comando dell’impero passò nelle mani del figlio Cosimo Di Lauro, che però iniziò a cambiare tutto il Sistema creato dal padre Paolo. Iniziò a cambiare tutti gli uomini di fiducia del padre con uomini di sua fiducia, che però erano giovani e inesperti.

Questo fece scaturire malumori e sfiducia nel Sistema e si formarono i cosiddetti Scissionisti di Secondigliano e iniziò una delle più feroci faide di camorra della storia, con migliaia di morti e il conseguente indebolimento quasi annientamento del clan Di Lauro.

Poi anche Cosimo venne arrestato e qualche anno fa è morto in carcere per una malattia.

La storia del clan Di lauro ha anche ispirato la fortunata serie TV di Roberto Saviano, Gomorra.

Roberto Saviano autore di Gomorra
Roberto Saviano autore di Gomorra

Il clan Di Lauro oggi

Nonostante i duri colpi ricevuti dalle Forze dello Stato, lo scisma interno e le faide affrontate restano ras, nuove leve e fedelissimi a supportare il clan che è parte integrante del cartello dell’Alleanza di Secondigliano.

È stato un esercito e molti degli uomini che ne facevano parte sono ancora attivi, cellule dormienti, ma all’occorrenza macchine da guerra pronte a tornare in azione.

Nuovi “fanti” hanno rinfoltito i ranghi e sono tuttora attivi in diverse aree di Secondigliano, Scampia e zone limitrofe.

La relazione Dia

Secondo quanto riportato dalla relazione Dia questa Municipalità è così complessa e varia da assorbire gran parte delle risorse degli Organi di controllo del crimine.

Ci sono porzioni che addirittura si potrebbero definire anarchiche e per questo ad altissimo rischio agguati e scontri tra fazioni che tra conquistare e cedere terreno creano non di rado scene da guerriglia urbana.

È molto difficile fare previsioni su quale gruppo ha interesse, o farà una mossa violenta, certo è che Lo Stato non lascia soli nessuno, né gli abitanti di quei quartieri né i territori che sono e resteranno dei cittadini onesti.

Le Forze Armate dello Stato fanno e faranno ogni sforzo possibile, ogni giorno, per garantire la sicurezza di tutti, anche in zone che sembrano terra di nessuno.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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