Inchiesta

Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Melito di Napoli | La storia e i protagonisti, il clan Amato-Pagano

Quali sono i clan di camorra più potenti della zona di Melito di Napoli? L’organizzazione criminale più potente del mondo è la camorra. A dichiararlo è la Dia, il Reparto di Investigazione di massimo livello, la cui relazione 2023 aggiornata è stata di recente pubblicata dal Ministero dell’Interno. Le indagini svolte su oltre 200 famiglie di camorra hanno permesso di identificare migliaia di affiliati operanti in Campania, in altre regioni italiane e nazioni. Inoltre, la camorra, presente in diversi continenti, fattura annualmente centinaia di migliaia di milioni di euro. Il resoconto che segue riguarda il più potente clan di Melito di Napoli, il clan Amato-Pagano

Camorra: il clan più potente della zona di Melito di Napoli, il clan Amato-Pagano, la storia

Il clan Amato-Pagano, chiamato in modo sprezzante dai rivali come gli “Spagnoli”, è stato fondato da Raffaele Amato, noto anche come “O Spagnolo” e da suo cognato Cesare Pagano tra gli anni ‘90 e gli anni 2000. Raffaele Amato, nato a Napoli giovedì 11 novembre 1965, inizia la sua “carriera” criminale come sicario per la famiglia Di Lauro. In breve tempo raggiunge ruoli sempre più importanti all’interno dell’organizzazione Di Lauro, il suo operato viene considerato significativo allo scopo di ottenere l’egemonia sul territorio e riesce, così, a conquistare la fiducia del boss Paolo Di Lauro.

Cosimo Di Lauro

La scissione

Dopo l’arresto di Paolo Di Lauro, il comando e la gestione degli affari passarono nelle mani dei figli, prevalentemente in quelle di Cosimo Di Lauro (Napoli 8 dicembre 1973 – Opera 13 giugno 2022), in questo periodo, quelle di Secondigliano e Scampia erano le piazze di spaccio più grandi d’Europa, organizzate in modo preciso, con schemi e regole, accordi e alleanze che Paolo Di Lauro, detto “Ciruzzo o Milionario”, con intuito e determinazione realizzò. Battezzato “O sistema”, era una “macchina” che faceva affari illeciti di diverso tipo, prevalentemente traffico di sostanze stupefacenti.

Con le sue piazze di spaccio guadagnava miliardi di euro, un vero e proprio impero, costruito, testato e consolidato. Anche se qualche anno prima, c’erano stati alcuni contrasti con i gruppi a lui alleati, Ciruzzo o milionario era sempre riuscito a mediare e rimediare, cosa che il figlio Cosimo, ereditato il comando, non riuscì a fare.

Melito di Napoli blitz 4

Il passaggio dello scettro del comando al figlio Cosimo Di Lauro

Cosimo Di Lauro, noto anche come “The Designer Don”, per la sua passione per gli abiti firmati, non appena reggente dei Di Lauro, iniziò a cambiare tutto il “Sistema” e l’organizzazione realizzata dal padre Paolo Di Lauro. Iniziò a riformare e rinnovare i capi delle piazze, modificò accordi e modalità di suddivisione dei proventi illeciti, iniziò a mettere in atto un vero e proprio ricambio generazionale degli affiliati, mettendo ai vertici nuove leve di sua fiducia. Ovviamente, queste modifiche al Sistema realizzato da “Ciruzzo o milionario”, provocò una seria frattura con i “vecchi” e storici fedelissimi di Paolo Di Lauro, che inevitabilmente si ribellarono. Si formarono, così, gruppi di opposizione, che misero in atto una scissione dal clan Di Lauro, e questo nuovo cartello criminale antagonista, capeggiato dal clan Amato-Pagano, prese il nome di “Scissionisti di Secondigliano”.

Melito di Napoli blitz 5

Prima faida di Secondigliano

Da una parte i Di Lauro con a capo Cosimo e dall’altra gli “scissionisti” con a capo Raffaele Amato e Cesare Pagano, si scatenò la cosiddetta “prima faida di Secondigliano”, o anche faida di Scampia, che finì per diventare presto una vera e propria efferata guerra della camorra degli ultimi decenni, combattuta soprattutto nei quartieri di Scampia e Miano. Il conflitto coinvolse anche altre zone e altri clan, tra i quali gli Abbinante di Marano, i Pariante di Bacoli, i Ferone di Casavatore e le famiglie referenti di Melito di Napoli.

Numerose furono anche le vittime, quasi 100 e non mancarono errori, scambi di persone e vittime innocenti.

Vittime innocenti

  • Dario Scherillo, ucciso a 26 anni giovedì 6 dicembre 2004 per errore perché scambiato per un altro.
  • Antonio Landieri, disabile, ucciso per errore a 25 anni sabato 6 novembre 2004 mentre si trovava davanti ad un circoletto nei pressi dei Sette Palazzi. Nell’agguato furono feriti altri 5 giovani, anch’essi incensurati, che erano con lui.
  • Attilio Romanò, ucciso a 29 anni lunedì 24 gennaio 2005 per errore perché scambiato per un altro.

Il trasferimento in spagna

La famiglia Di Lauro, durante il periodo della faida, mise in giro la voce tra le proprie fila, con l’intento di far credere che esponenti degli Amato-Pagano avessero “preso indebitamente”, ovvero, che avessero rubato dagli incassi illeciti dalle casse in comune, senza comunicarlo agli alleati, ora ex, somma per un ammontare di 3 miliardi di euro.

Melito di Napoli
Melito di Napoli

Questo spinse Raffaele Amato e diversi suoi uomini di fiducia a trasferire la regia degli scontri in corso, nonché la direzione degli affari e dei traffici del clan in Spagna, da qui il soprannome dispregiativo de i “Spagnoli”.

Sul posto, cioè a Napoli e Melito, gli Amato-Pagano fecero restare un esercito di fedelissimi affiliati e fiancheggiatori, sicari professionisti, dotati di armi da guerra ed esplosivi e personale sulle piazze di spaccio per garantire un costante afflusso di denaro, tra sentinelle, pusher e trasportatori di “rifornimenti”.

Le regole e le tecnologie di protezione di Raffaele Amato

Durante delle indagini da parte degli investigatori, venne accertato che Raffaele Amato acquistò, nel corso di una fiera a Londra, rivolta a dirigenti dei servizi segreti di Israele, Germania e Stati Uniti, un dispositivo, del costo di 150 mila euro. Tale dispositivo aveva la funzione di annichilire, in un raggio molto ampio, i segnali elettrici provenienti da radio, cellulari e microspie. Raffaele Amato, quando era ancora uno dei trafficanti e sicario al servizio del boss Paolo Di Lauro, il telefono era costretto ad utilizzarlo, seppur con le dovute attenzioni. Al cellulare, si faceva chiamare “Michele il napoletano”.

Melito di Napoli quartieri popolari -2

Il collaboratore di giustizia Antonio Pica rilasciò dichiarazioni agli inquirenti, asserendo che dieci anni dopo, distrutta l’organizzazione di Ciruzzo ’o milionario e conquistato il potere criminale a Secondigliano e Melito, Raffaele Amato era diventato molto diffidente e sospettoso nei confronti della tecnologia.

Le precauzioni che il boss degli “scissionisti” adottava durante gli incontri

Durante gli incontri tra Raffaele Amato e i suoi uomini di fiducia, ‘O Spagnolo prendeva diverse precauzioni. Queste consistevano nel pretendere di ritirare tutti i cellulari in possesso dei “suoi” ragazzi sulle piazze di spaccio per un totale di 200, 300 cellulari minimo.

Il boss ‘O Spagnolo si preoccupava del fatto che qualcuno di loro potesse fare telefonate senza permesso e parlare “troppo” e mettere le Forze dell’Ordine sulle sue tracce e arrivare quindi a lui.

Paolo Di Lauro-foto segnaletica
Paolo Di Lauro-foto segnaletica

Altre ferree precauzioni

Disposizioni di massima sicurezza riguardavano non solo le prevenzioni da far adottare agli affiliati sull’uso delle utenze telefoniche delle quali erano direttamente responsabili gli stessi capi piazza, che dovevano anche punire chiunque trasgrediva gli ordini, ma riguardavano anche le intercettazioni ambientali. Secondo le dichiarazioni di Pica, collaboratore di giustizia, Federico Amato aveva la disponibilità di due tecnici specializzati, ognuno dei quali ricompensato con mille e cinquecento euro a operazione effettuata, vale a dire “bonifiche” periodiche per verificare la presenza di dispositivi d’intercettazione delle Forze dell’Ordine, sia audio che video, soprattutto nei covi in cui si riunivano affiliati e responsabili dei turni di spaccio. Altri, tra i quali Prestieri, riferirono agli inquirenti, che Raffaele Amato possedesse anche un dispositivo in grado di segnalare tutte le telefonate effettuate nel raggio di un chilometro, in grado anch’esso di individuare microspie che trasmettevano i segnali sulla linea telefonica. Inoltre, i vertici del gruppo degli “Spagnoli” avevano disponibilità di cellulari criptati che rendevano particolarmente ostiche le attività di spionaggio delle conversazioni. (Ne esistono ancora oggi numerosi modelli in commercio a partire da circa 2mila euro, che si appoggiano su linee diverse da quelle classiche).

Paolo Di Lauro
Paolo Di Lauro

I contatti per i traffici internazionali

Raffaele Amato, ‘O Spagnolo, importò tonnellate di hashish dalla Spagna in Italia, creò contatti solidi con i cartelli sudamericani per l’acquisto di colossali partite di cocaina, infine, come capo assoluto di una holding criminale con sede a Secondigliano e Melito, con ramificazioni in tutt’Italia e all’estero riuscì a realizzare una struttura tentacolare, che monopolizzò il mercato della vendita delle sostanze stupefacenti al dettaglio nella provincia di Napoli. I collaboratori di giustizia che ne parlarono, descrissero Raffaele Amato come un boss carismatico, capace di mediare e dalle innumerevoli esperienze criminali. Di lui si occupò la stampa per la prima volta il 27 gennaio 2001, quando gli Operatori della Polizia di Stato lo arrestarono in un albergo a Casandrino, dove, secondo gli Investigatori, si sarebbe dovuto incontrare con dei trafficanti olandesi e tedeschi, per l’acquisto di 6 chili di cocaina proveniente dall’Olanda, nascosti in un ruotino di scorta.

Melito di Napoli blitz 3

Venne stimato che il carico di droga aveva un valore di circa 800 milioni di lire. Il Tribunale del riesame, però, lo scarcerò dopo 15 giorni, perché non c’erano le prove che Raffaele Amato fosse in contatto con gli altri soggetti individuati come trafficanti, al di là di ogni ragionevole dubbio. Raffaele Amato decise di segnare, con un proprio simbolo, i panetti di hashish da 250 grammi che importava dal Libano e dall’Afghanistan. Un simbolo, un “brand” commerciale come si farebbe nel campo della pubblicità. L’immagine che scelse Amato, fu uno scorpione. Sotto quel simbolo, il boss diventò il capo incontrastato della holding criminale di Secondigliano e Melito, e non molto tempo dopo l’incontro con i grandi trafficanti colombiani ebbe le chiavi per entrare nel maxi business della cocaina.

Amato-Pagano simbolo scorpione

Dalla Spagna inondava di polvere bianca i ghetti controllati dal clan, che macinava guadagni stratosferici. Si muoveva tra Madrid e Barcellona, senza grossa difficoltà, imparò la lingua e le usanze locali. Il cartello Amato-Pagano, ormai, non aveva rivali sulla piazza partenopea e lo scorpione iniziò a diventare un simbolo, un segnale di appartenenza che gli affiliati più giovani esibivano con orgoglio sui muscoli o sulle targhe delle auto, dove, accanto ai numeri e alle lettere identificative, spuntava quel simbolo.

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Le vicende giudiziarie de ‘O Spagnolo

Domenica 27 febbraio 2005, venne intercettato dagli Operatori dell’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia Civil davanti all’entrata del casinò municipale di Barcellona, dopo aver perso 6 mila euro al tavolo di black jack. Era accompagnato da 5 guardaspalle. In carcere, però, Raffaele Amato non restò molto, venne scarcerato per un vizio di forma e a un anno esatto dalla data di arresto, si diede nuovamente alla macchia, continuando a gestire una organizzazione che contava ancora centinaia di uomini stipendiati tra pusher, vedette, sicari, fiancheggiatori, contabili, custodi e trafficanti.

A chi gli dava la caccia, sembrava imprendibile. Alla fine, domenica 17 aprile 2009, gli Operatori della Squadra Mobile di Napoli lo braccarono dopo un inseguimento durato cinquanta chilometri, a Malaga. L’estradizione del boss Raffaele Amato impegnò 30 agenti di scorta e un elicottero di appoggio, perché c’era il pericolo di un attentato nei suoi confronti. I magistrati della Dda di Napoli gli contestarono anche alcuni omicidi, risalenti a molti anni prima, che andavano ad inserirsi nella faida di Mugnano, che vide contrapposti il gruppo di Antonio Ruocco e il clan di Ciruzzo ’O Milionario, al quale, a quel tempo, Federico Amato apparteneva.

Raffaele Amato
Raffaele Amato

Il cognato Cesare Pagano

Cesare Pagano aveva un ruolo strategico, boss, braccio destro, e responsabile “militare” e commerciale dell’organizzazione. Quando la faida di Scampia era già finita, Cesare Pagano venne messo in contatto con Salvatore Torino da Salvatore Cipolletta, “compare” di nozze di Nicola Torino. Cesare Pagano andò nel Quartiere Sanità diverse volte accompagnato da Salvatore Cipolletta e si recò a casa di Salvatore Torino per accordarsi con quest’ultimo per consegne di 25 chili di cocaina al mese, accordo che andò in porto e che fruttò centinaia di milioni di euro. Il collaboratore di giustizia Andrea Parolisi, in un interrogatorio avvenuto mercoledì 24 gennaio 2007, confermò i rapporti esistenti tra il clan degli “Spagnoli” e il clan Lo Russo, conosciuto anche come “i capitoni”, gruppo di Miano. Cesare Pagano disse che “i capitoni so’ frat a noi” (i Lo Russo sono nostri fratelli) e che, dopo il dicembre 2006, gli accordi prevedevano che gli “scissionisti”, dopo aver fatto arrivare la droga dalla Spagna, settore nel quale erano ormai i numeri uno ed aver rifornito le proprie piazze, potevano dare il rimanente ai “Capitoni”, i quali avrebbero potuto rifornire anche le loro piazze.

Cesare Pagano
Cesare Pagano

Nel 2006, il commercio delle sostanze stupefacenti fece entrare nelle casse del clan Amato-Pagano una cifra stratosferica, tanto che Cesare Pagano, un mese, diede una quota di 30 mila euro ai suoi capi piazza e a fine “stagione”, ogni piazza portò ad un guadagno netto di 300 mila euro.

La taglia di 150 mila euro sulla testa di Gennaro Marino

Gennaro Marino, considerato dagli inquirenti della Dda di Napoli il capo militare degli  “scissionisti”, durante la faida di Secondigliano, ex fedelissimo del boss Paolo Di Lauro, si unì a Raffaele Amato, fu uno dei fautori della scissione e sicario nella guerra contro i Di Lauro. Responsabile della piazza di spaccio delle “Case celesti”, che fruttavano un guadagno per Ciruzzo ’O Milionario di almeno 300 milioni di lire a settimana, Gennaro Marino venne coinvolto nel 1993 nelle indagini su un quadruplice omicidio, avvenuto a Melito nell’ambito del conflitto tra i Di Lauro e il gruppo di Ernesto Flagiello, per la gestione delle aree di commercio delle sostanze stupefacenti nella zona nord di Napoli. Prosciolto dall’inchiesta, riuscì a evitare anche il primo maxi blitz contro il clan Di Lauro, nella quale, con il boss Paolo Di Lauro latitante, si lasciò l’organizzazione Di Lauro nelle mani dei figli Cosimo, Ciro e Marco Di Lauro. Nel corso delle indagini sulla faida, si scoprì che Cosimo Di Lauro aveva messo una taglia di 150 mila euro sulla testa di Gennaro Marino.

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I blitz e gli arresti eccellenti

Mercoledì 24 novembre 2004, vennero catturati durante un blitz del Commissariato di Scampia, all’interno di un appartamento al tredicesimo piano di un edificio, in via Fratelli Cervi, vennero arrestati:

  • Cesare Pagano.
  • Gennaro Notturno.
  • Raffaele Notturno.
  • Arcangelo Abete.

E in manette finirono anche altri.

Quasi tutti i boss e vari luogotenenti finirono in manette con l’accusa di possesso illegale di armi da fuoco e associazione di tipo camorrista. Il sospetto degli Investigatori era che quel “summit” dovesse servire a pianificare l’offensiva finale contro i Di Lauro, per sterminarli con fucili mitragliatori, bombe a mano e altre armi pesanti, compresi esplosivi.

Clan Amato-Pagano, la piazza di spaccio all’interno del Parco Monaco di Melito

Quattro persone in carcere e altrettante agli arresti domiciliari. Il bilancio di pochi mesi fa, durante una operazione anticamorra condotta nella notte a Melito di Napoli messa in atto dagli Operatori dell’Arma dei Carabinieri della compagnia di Marano. Nell’ambito di attività d’indagine coordinate dalla Dda di Napoli, i Carabinieri della compagnia di Marano di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, nei confronti di otto persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Raffaele Notturno
Raffaele Notturno

Le indagini

Nel corso delle indagini è emerso che all’interno del Parco Monaco di Melito, gli otto indagati avrebbero gestito una piazza di spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti, quali cocaina, hashish e marijuana, sotto il controllo criminale del clan camorristico Amato-Pagano. In manette sono finiti:

  • Carmine Della Gaggia detto “Ciccio”, ritenuto il capo e promotore della piazza di spaccio melitese.
  • Giovanni Bottiglieri detto “Bucatin”, in qualità di addetto al confezionamento degli stupefacenti.
  • Antonio Esposito, anch’egli in qualità di addetto al confezionamento degli stupefacenti.
  • Salvatore Tagliatela, addetto al trasporto della droga.
  • Umberto Maraucci.
  • Domenico di Marino.
  • Giuseppe Termano, in qualità di pusher.
  • Raffaele Aruta, quale custode delle sostanze stupefacenti.

Il clan Amato-Pagano, ispirazione di libri, film e serie TV

Il clan Amato-Pagano, noto come “Scissionisti, il gruppo che ha guidato la scissione da Paolo Di Lauro è un clan di camorra che ha ispirato un libro best Seller, un film e la fortunata serie TV Gomorra dell’autore Roberto Saviano.

Roberto-Saviano
Roberto-Saviano

Relazione Dia

Secondo la relazione Dia, il clan Amato-Pagano nonostante i blitz e i duri colpi subiti dalle operazioni delle Forze dello Stato nel corso degli anni ha mantenuto contatti e potenziale criminale. È militarmente imponente ed è riuscito a instaurare rapporti con la politica che controlla con abilità. Gli Organi di competenza hanno ottenuto buoni risultati e sono sempre impegnati per mettere a punto nuove strategie di contrasto, con l’obiettivo di smantellare definitivamente l’organizzazione criminale Amato-Pagano, ma i funzionari non negano che ci sono difficoltà nel contrastare il gruppo, in quanto permane egemone in diverse aree, soprattutto a Melito.

Gennaro Marino
Gennaro Marino

Clan Amato-Pagano oggi

Il clan Amato-Pagano oggi è attivo a Melito di Napoli. Secondo la Dda e le indagini della Dia anche se chi era al comando del clan si trova in carcere, in seguito ad un ricambio generazionale e fiancheggiatori fedeli che sostengono il gruppo, il clan è forte e persiste nel traffico di sostanze stupefacenti grazie ai contatti consolidati all’estero, tra Spagna, sudamerica e anche paesi del nordafrica.

Le sostanze trattate restano prevalentemente hashish, marjuana, e soprattutto cocaina.

Hanno polso in diversi quartieri dove impongono il pagamento delle tangenti ai commercianti e hanno creato società di copertura per garantirsi appalti edili, con finalità di riciclo di proventi e denaro illecito, anche con la creazione di gruppi bancari.

Il clan ha investito in negozi di abbigliamento per giovani, locali notturni della movida, ristoranti, aziende edili, commercio del cemento, dei mezzi di lavoro, decidono gli operai che devono lavorare, la gestione dei rifiuti e del settore agricolo, per avere un controllo totale del commercio e in quasi tutti i settori commerciali.

Melito di Napoli immondizia degrado

Come organizzazione criminale dimostra grandi abilità di infiltrazione nelle amministrazioni comunali e lavori pubblici. A Melito, il clan Amato-Pagano è riuscito ad avvicinarsi al mondo politico. Infatti, poco tempo fa è stato arrestato il sindaco Luciano Mottola, eletto nel 2021 con una coalizione di centrodestra con liste civiche e Fratelli d’Italia, con motivazione di reato di voto di scambio politico camorrista. Al clan Amato-Pagano, è stata “accreditata” la manipolazione di tutte le ultime elezioni politiche amministrative comunali di Melito. Oltre ad avere affiliato nuove e giovani leve, il clan Amato-Pagano può contare su nuovi ras che seguono i sentieri e le direttive dei capi storici. Il clan detiene il totale controllo di quasi tutti gli affari illeciti di Melito, possedendo una propria rete e confermando il controllo militare sulle proprie aree d’interesse. Il clan Amato-Pagano permane il clan più potente di Melito di Napoli.

Giuseppe De Micco

Giuseppe De Micco è un giornalista di inchiesta. Si occupa soprattutto di criminalità organizzata in Campania

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